
Quando pensi di aver visto praticamente tutto nel territorio di produzione del Chianti Classico, giri a sinistra lungo la strada che da Castellina conduce a Monteriggioni e arrivi al Castello La Leccia, e allora capisci che c’è ancora qualcosa da scoprire. Il castello, che naturalmente era un avamposto fortificato, faceva parte di quella numerosa rete di difesa che per secoli – fino a quando Siena non venne conquistata da Firenze – caratterizzò la campagna del Chianti. Le prime attestazione scritte del castello risalgono al 1077, quando tal Rodolfo di Guinzo ne acquistò una parte. Successivamente divenne proprietà della famiglia Ricasoli, che al castello di Brolio rappresentava l’ultimo avamposto fiorentino contro Siena. La Leccia fu teatro di saccheggi e di feroci scontri, come scrive Andrea Ricasoli nel 1529: “…forse cinquanta sienesi vennero a un mio luogo in Chianti chiamato La Leccia dove… arsono ciò che era in casa… et da dugento barili di vino era nella cantina et nelle botti tutto versarono…”.
Con la caduta di Siena nel 1555 per il Chianti iniziò un periodo di grandi trasformazioni. Quelli che erano stati castelli fortificati vennero trasformati in ville e luoghi di vacanza per le nobili famiglie fiorentine, e – soprattutto – in fiorenti fattorie dove il vino era il prodotto principe. Mezzadri e contadini animavano le case intorno alle ville padronali, e alla Leccia, nel XVIII secolo, abitavano circa 70 persone. L’ultima grande trasformazione del borgo era avvenuta un secolo prima, con la costruzione della villa settecentesca che possiamo ammirare oggi. La seconda guerra mondiale portò nuove distruzioni, con la perdita della torre medievale e il danneggiamento di parte della villa. All’epoca La Leccia apparteneva alla famiglia Daddi, che l’aveva acquistata del 1920, e da Francesco Daddi in tempi recenti l’intero complesso è stato venduto all’imprenditore svizzero Rolph Sonderegger, che ha trasformato La Leccia in uno splendido luogo dell’accoglienza, con 12 suite, cinque camere e un ristorante aperto anche agli esterni.
L’azienda si estende per 170 ettari dei quali 17 sono dedicati alla vigna e 10 all’oliveta, entrambe coltivate in regime di biologico. La produzione vinicola è naturalmente incentrata sul Chianti Classico (annata, Riserva e Gran Selezione) più un Igt Toscana Rosso. La famiglia Sonderegger ha affidato la produzione all’enologo Paolo Salvi, mentre la direzione generale dell’azienda è in mano a Guido Orzalesi, che è approdato in Chianti Classico dopo una lunga esperienza a Montalcino e una collaborazione in Umbria.
Orzalesi e Salvi sono arrivati con la vendemmia 2019, e dunque il progetto vitivinicolo del Castello La Leccia è ancora in divenire, ma la piacevolezza del Chianti Classico annata è già ben evidente. Grandi profumi di frutta rossa, legno totalmente integrato, eccellente bevibilità: un vino che non si fa dimenticare. Il Chianti Classico Riserva 2018 si distingue per eleganza e per un tannino ampio, con al palato ancora un po’ di legno da assorbire essendo un vino giovane. Il Chianti Classico Gran Selezione Bruciagna 2018 proviene dall’omonimo vigneto posto a 500 metri sopra il livello del mare ed è un Sangiovese in purezza. Lo abbiamo degustato dopo essere stato imbottigliato da un solo mese, e dunque il vino ha ancora tanto da esprimere, ma l’equilibrio tra i profumi di frutta matura e spezie era già ben evidente. Assai piacevole e beverino l’Igt Toscana Vivaio Del Cavaliere 2020, prodotto prevalentemente con Sangiovese e aggiunte di Malvasia Nera, Syrah e Ciliegiolo e senza alcun passaggio in legno.
Il ristorante è il regno dello chef Giulio Poggioni, che fonda i suoi piatti nella solida tradizione toscana con un occhio di riguardo ad alcuni prodotti più tipici delle campagne: dalla cacciagione alle verdure (che provengono dall’orto naturalmente). Ecco che allora nascono piatti come i ravioli ripieni di piccione con un delicatissimo pesto di salvia e la faraona ripiena dei suoi fegatini e salsiccia, passando attraverso la terrina di maialetto con finocchi, arance candite e pan brioche.
Con la bella stagione si mangia all’aperto, e lo sguardo spazia dalle torri di San Gimignano alle mura di Monteriggioni, dai campanili di Siena al crinale dove sorge la splendida Colle Val d’Elsa. Tutto intorno, il meraviglioso giardino, i boschi di leccio e il piccolo borgo con la cappella la cui facciata è quasi del tutto nascosta da imponenti cipressi secolari.
Dopo un anno passato tra restrizioni e dinieghi, il Castello La Leccia appare come il luogo ideale per riappropriarsi di bellezza e civiltà, cultura e ospitalità, passando attraverso un cibo buono e “vero”, da un extra vergine di oliva eccellente e da vini che non si faranno dimenticare.
Con la bella stagione si mangia all’aperto, e lo sguardo spazia dalle torri di San Gimignano alle mura di Monteriggioni, dai campanili di Siena al crinale dove sorge la splendida Colle Val d’Elsa. Tutto intorno, il meraviglioso giardino, i boschi di leccio e il piccolo borgo con la cappella la cui facciata è quasi del tutto nascosta da imponenti cipressi secolari.
Dopo un anno passato tra restrizioni e dinieghi, il Castello La Leccia appare come il luogo ideale per riappropriarsi di bellezza e civiltà, cultura e ospitalità, passando attraverso un cibo buono e “vero”, da un extra vergine di oliva eccellente e da vini che non si faranno dimenticare.