Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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La pizza di Michele Leo a Firenze da Santarpia

12/12/2018

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La pizza Profumi del Mediterraneo, foto di Andrea Hardkore Pacini
Pare che chi sia stato in giovane età colpito dal fuoco sacro dei lievitati, non possa che concedersi tutto a questa passione e continuare per l’intera vita ad alimentarne la fiamma. A questa categoria di sacerdoti del tempio dei lievitati appartiene Michele Leo, da pochissimo approdato a Firenze presso le “fiamme” di Santarpia. Michele Leo, faccia da bravo padre di famiglia e occhi dolci da babà, è infatti il nuovo mastro pizzaiolo del locale fiorentino di piazza Ghiberti, aperto nel 2015 da Pietro Baracco e Simone Fiesoli. Nato naturalmente a Napoli, dove ha iniziato la sua carriera fino ad approdare alla Città del Gusto e alla Pizzeria di Palazzo Petrucci, si è poi trasferito a Bologna per seguire il progetto Mozzabella, una pizza a taglio concepita con un impasto che unisce croccantezza a sofficità. Ma come nel derby calcistico dell’Appennino a volte vince il Bologna e a volta la spunta la Fiorentina, stavolta Firenze ha vinto sull’eterna rivale emiliana portandogli via un vero e proprio gioiello. 
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Simone Fiesoli, Michele Leo e Pietro Baracco, foto di Andrea Hardkore Pacini
L’incontro tra Michele, Pietro e Simone dunque unisce un maestro indiscusso della pizza a due imprenditori alla costante ricerca di prodotti di grande qualità. L’impasto magico di Michele si sposa in maniera naturale con gli ingredienti che già avevano fatto conoscere e amare la pizzeria Santarpia. La novità è che ci sarà un menù di pizze stagionali, perché la stagionalità vale anche per le pizze, qualora per pizza si intenda un prodotto di elevata qualità e non un cibo da battaglia da sfornare in serie.
Nel periodo delle feste ci sono quattro pizze speciali, una delle quali con il baccalà e un’altra con broccoli e peperoni cruschi, ma passate le ritualità natalizie arriveranno quella ai profumi del Mediterraneo - con pomodoro, provola affumicata, olive taggiasche, capperi, pomodorini gialli e rossi, filetti di alici di Cetara e origano – quella con i carciofi (i carciofi sono freschi e prima saltati in padella), guanciale e pecorino e quella con la tartare di Scottona e pesto frutto della vicinanza con  la Macelleria di Luca Menoni del Mercato di Sant’Ambrogio. Siamo dunque di fronte a delle pizze pensate in base a prodotti di qualità selezionati con attenzione, che vanno a comporre armonie sapienti e spesso inedite. 
Le pizze di Michele sono un atto d’amore: il profumo del cornicione è un tuffo in un passato mitico in un cui la pasta aveva innanzi tutto un significato religioso ed era un rito comune alle famiglie. Oggi la pasta da pizza è diventata un’arte, e non a caso la regina di Napoli è diventata patrimonio immateriale dell’umanità. Ma a differenza dei pizzaioli del passato – dei quali Michele racconta che mentre preparavano la pasta avevano sempre una scusa per allontanare gli aiutanti in modo che il segreto non venisse rivelato – lui vuole insegnare agli altri affinché l’arte possa tramandarsi alle generazioni future. Allora mi è venuta in mente la mia amica chef Lucia Antonelli della Taverna del Cacciatore di Castiglion dei Pepoli, conosciuta come la regina dei tortellini, che riconosce come uno dei peggior difetti degli chef quello di non voler raccontare i propri segreti di cucina per paura di crearsi troppi rivali. E così torniamo al derby dell’Appennino, visto che Castiglion dei Pepoli si trova in provincia di Bologna.
E allora faccio un appello a tutti i fiorentini: trattiamolo bene questo gioiello che abbiamo rubato a Bologna, andiamogli incontro con lo stesso sorriso che lui ci regala dal suo bancone infarinato e non facciamocelo rubare. Ce ne pentiremmo amaramente. 

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La Cosacca, foto di Andrea Hardkore Pacini
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