Sono sempre più convinta che la qualità di un ristorante passi non soltanto attraverso il cibo ma anche attraverso l'ambientazione che i responsabili di sala sanno creare. In questo senso gli svizzeri sono dei maestri, e più frequento il paese elvetico più capisco che i nostri vicini di Alpi hanno una capacità tutta particolare di saper rendere piacevole, informale e rilassante anche l'ambiente più sofisticato. Evidentemente fa parte del loro DNA, di quel modo di comportarsi così riservato che ha portato molti protagonisti del jet set e star dello spettacolo a prendere casa in Svizzera. La nostra Mina, come Tina Turner e Freddie Mercury hanno trovato nel paese transalpino un luogo tranquillo dove vivere. Quando Mina entra nei negozi di Lugano nessuno la importuna e per la medesima ragione la Turner ha casa a Zurigo e Mercury l'aveva a Montreux, dove aveva aperto anche uno studio di registrazione. E' qui infatti che nel 1985 venne incisa “Made in Heaven” la canzone contenuta nell'album “My bad guy”, tecnicamente l'unico di Mercury da solista.
Questa particolarità del carattere svizzero si ritrova nei locali e in modo particolare in quelli di alto livello, dove non si viene investiti appena entrati da quell'aura di sussiego che invece purtroppo contraddistingue tanti dei nostri ristoranti iper osannati dalla critica. Nel mio ultimo viaggio in Svizzera ho visitato la regione di Losanna e del lago Léman, che qui da noi è più conosciuto come lago di Ginevra. A Vevey, una cittadina sul lago vicina a Montreux, si trova l'Hotel Des Trois Couronnes, eretto nel 1842 sulle rovine di un castello trecentesco. L'architettura del grande edificio riflette in pieno l'idea del grande albergo dell'epoca, destinato a ospitare la nobiltà europea e grandi artisti come Tchaikovski alla cui memoria è dedicata la più bella suite dell'albergo, di ben 112 metri quadrati. Vi ricorderete certamente di “Morte a Venezia” di Luchino Visconti: ecco, l'atmosfera è quella ed è facile immaginare il fruscio delle sete e dei taffetà delle ampie gonne delle signore che tra Otto e Novecento scendevano al Trois Couronnes per passarvi le vacanze estive.
Oggi naturalmente l'albergo si è adeguato alle esigenze del moderno turismo di classe, a partire dalla spa che è ormai divenuta necessaria per qualunque destinazione di lusso. Ma è del ristorante che voglio parlare perché vi ho passato una magnifica serata in compagnia del fotografo mio compagno di viaggio Stefano Cellai e di Dana Bensimon, sales & marketing assistant dell'hotel. Lo chef di Tolosa Lionel Rodriguez vi è approdato nel gennaio del 2012 e già quest'anno ha portato la prima stella Michelin al ristorante. Rodriguez si è formato tra Parigi e il Principato di Monaco, dove si è innamorato della cucina mediterranea, dei suoi sapori solari e delle sue cotture brevi, che non alterano i sapori primari dei cibi. Come nella migliore tradizione della cucina moderna, i piatti si basano su prodotti stagionali e locali, dal pesce di lago ai funghi. A questi si aggiungono ingredienti tipici delle cucine dei grandi ristoranti, come il foie gras che del resto nella Svizzera francese è di casa esattamente come a Parigi. L'involtino di verza con quaglia e foie gras è probabilmente il piatto migliori tra quelli – tutti eccellenti – che ho assaggiato. La cena si è aperta con una tartare di loup de mer e un filetto di fera (il nostro lavarello) crudo con fave e ravanelli. Sono quindi seguite le Saint Jacques grigliate con un purè di zucca, l'involtino di verza già citato e il capriolo con cotogne caramellizzate e cantarelli. La sublime cena è terminata con un soufflè, dessert che ormai quasi nessun ristorante propone anche per la difficoltà di una cottura espressa. Mi ricorda alcuni ristoranti italiani degli anni Settanta, come il fiorentino Sabatini, dove si andava a pranzo la domenica insieme alla famiglia.
La cena è stata naturalmente accompagnata dai grandi vini del Lavaux, la zona viticola tra Montreux e Losanna che si estende lungo il lago e che è stata dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Ma insieme al cibo e al vino, a farci compagnia c'era quella bella atmosfera rilassata e easy, senza ingessature e senza sovrastrutture. E' questo che mi piace in un ristorante: è come parlare con una persona colta e sicura di sé che non ha bisogno di ostentare per rendersi credibile.
Questa particolarità del carattere svizzero si ritrova nei locali e in modo particolare in quelli di alto livello, dove non si viene investiti appena entrati da quell'aura di sussiego che invece purtroppo contraddistingue tanti dei nostri ristoranti iper osannati dalla critica. Nel mio ultimo viaggio in Svizzera ho visitato la regione di Losanna e del lago Léman, che qui da noi è più conosciuto come lago di Ginevra. A Vevey, una cittadina sul lago vicina a Montreux, si trova l'Hotel Des Trois Couronnes, eretto nel 1842 sulle rovine di un castello trecentesco. L'architettura del grande edificio riflette in pieno l'idea del grande albergo dell'epoca, destinato a ospitare la nobiltà europea e grandi artisti come Tchaikovski alla cui memoria è dedicata la più bella suite dell'albergo, di ben 112 metri quadrati. Vi ricorderete certamente di “Morte a Venezia” di Luchino Visconti: ecco, l'atmosfera è quella ed è facile immaginare il fruscio delle sete e dei taffetà delle ampie gonne delle signore che tra Otto e Novecento scendevano al Trois Couronnes per passarvi le vacanze estive.
Oggi naturalmente l'albergo si è adeguato alle esigenze del moderno turismo di classe, a partire dalla spa che è ormai divenuta necessaria per qualunque destinazione di lusso. Ma è del ristorante che voglio parlare perché vi ho passato una magnifica serata in compagnia del fotografo mio compagno di viaggio Stefano Cellai e di Dana Bensimon, sales & marketing assistant dell'hotel. Lo chef di Tolosa Lionel Rodriguez vi è approdato nel gennaio del 2012 e già quest'anno ha portato la prima stella Michelin al ristorante. Rodriguez si è formato tra Parigi e il Principato di Monaco, dove si è innamorato della cucina mediterranea, dei suoi sapori solari e delle sue cotture brevi, che non alterano i sapori primari dei cibi. Come nella migliore tradizione della cucina moderna, i piatti si basano su prodotti stagionali e locali, dal pesce di lago ai funghi. A questi si aggiungono ingredienti tipici delle cucine dei grandi ristoranti, come il foie gras che del resto nella Svizzera francese è di casa esattamente come a Parigi. L'involtino di verza con quaglia e foie gras è probabilmente il piatto migliori tra quelli – tutti eccellenti – che ho assaggiato. La cena si è aperta con una tartare di loup de mer e un filetto di fera (il nostro lavarello) crudo con fave e ravanelli. Sono quindi seguite le Saint Jacques grigliate con un purè di zucca, l'involtino di verza già citato e il capriolo con cotogne caramellizzate e cantarelli. La sublime cena è terminata con un soufflè, dessert che ormai quasi nessun ristorante propone anche per la difficoltà di una cottura espressa. Mi ricorda alcuni ristoranti italiani degli anni Settanta, come il fiorentino Sabatini, dove si andava a pranzo la domenica insieme alla famiglia.
La cena è stata naturalmente accompagnata dai grandi vini del Lavaux, la zona viticola tra Montreux e Losanna che si estende lungo il lago e che è stata dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Ma insieme al cibo e al vino, a farci compagnia c'era quella bella atmosfera rilassata e easy, senza ingessature e senza sovrastrutture. E' questo che mi piace in un ristorante: è come parlare con una persona colta e sicura di sé che non ha bisogno di ostentare per rendersi credibile.