Naso e palato nel frattempo si erano già molto affinati nel ristorante dei genitori a Marina di Bibbona, nella cui cucina la madre già negli anni Duemila aveva iniziato a utilizzare fiori eduli. E sono proprio questi profumi primari che hanno indicato la strada a Gabriele, che è poi la strada delle tisane, degli infusi, dei tè e dei kombucha. Il kombucha è un’antichissima bevanda probabilmente nata in Manciuria e derivata dalle foglie di tè verde fermentate. Per la fermentazione viene utilizzata una coltura di batteri chiamata Scoby (Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast) e la tecnica prevede prima di sciogliere zucchero in acqua bollente e quindi di aggiungere le foglie di tè. Una volta avvenuta l’infusione, le foglie vengono scartate e si aggiunge la colonia di batteri e quindi la bevanda viene lasciata raffreddare. Il kombucha può essere aromatizzata e poi si serve in un normale calice da vino.
Tra le ricette che Gabriele propone il mio occhio è stato subito catturato dal coniglio fritto abbinato a una tisana di finocchio e liquirizia. Pensateci un attimo: la freschezza del finocchio e della liquirizia saranno utili a ripulire la bocca dalla naturale untuosità del fritto. In qualche modo assomiglia al classico abbinamento tra tortellini in brodo e Lambrusco, la cui acidità fa da contraltare al brodo. Se in questo caso Gabriele ha giocato sul contrasto, in altre ricette è proprio un ingrediente in comune a creare il pairing, come nel tiramisù abbinato a un tè nero aromatizzato all’uvetta e caffè. I tonnarelli cacio e pepe che invece danno titolo al libro sono accompagnati da un kombucha allo zenzero.
Insomma, è un invito a provare e ad andare oltre quei confini naturali che sono insiti in tutti noi e che fanno parte della tradizione italiana che vuole il vino abbinato al cibo. Siamo stati così tanto in casa in questi ultimi due anni che aprire la porta per un viaggio virtuale tra profumi e aromi di erbe e spezie mi pare proprio una bella idea.
Bravo Gabriele, e ti auguro di tutto cuore di poter presto andare a “calpestare” (come scrivi tu) quelle piantagioni di tè e di spezie che sogni da anni. Io ho avuto la fortuna di esserci stata. Adesso tocca a te. In bocca al lupo!