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![]() Sapevate che negli amaretti non c'è farina? Ammetto la mia ignoranza perché io lo ignoravo. Ho avuto la fortuna di recente di andare a visitare una produzione artigianale di amaretti di altissima qualità e mi hanno spiegato l'intero processo produttivo. Il laboratorio si chiama “Le dolcezze del Pep” e si trova a Incisa Scapaccino, in provincia di Asti. I proprietari sono due coppie da anni impegnati nella produzione di amaretti, prima a Mombaruzzo e adesso a Incisa Scapaccino. I quattro “cavalieri dell'amaretto” si chiamano Massimiliano Pesce e Laura Anerdi, Luigi Vicenzi e Marina Bertalero. I quattro producono solo ed esclusivamente amaretti classici, che confezionano uno a uno a mano. Una produzione totalmente artigianale dunque che parte dalla selezione degli ingredienti. ![]() Ma quali sono appunto gli ingredienti? Massimiliano racconta che i suoi amaretti contengono circa il 50% di zucchero, un minimo del 15% di mandorle e un minimo del 20% di armelline. Le armelline si trovano all'interno dei noccioli di pesca e di albicocca, e all'aspetto non sono molto diverse dalle mandorle, ma hanno una pezzatura più piccola. Sono le armelline che danno agli amaretti il loro gusto inconfondibile, quel piacevolmente amaro che li rende unici. L'ultimo ingrediente è l'albume d'uovo. ![]() Il procedimento è abbastanza semplice. Le mandorle e le armelline vengono impastate insieme a una parte di zucchero e quindi passate in una macchina detta raffinatrice che per mezzo di due rulli schiaccia i frutti. E' una macchina non troppo diversa da quella che si utilizza per la pasta, con i due rulli che via via rendono sempre più fini le strisce di pasta. La raffinatrice funziona più o meno nello stesso modo. I maestri pasticceri poi decidono fino a che punto vogliono raffinare la pasta dei loro amaretti e una volta pronta la mettono nella vera e propria impastatrice dove vengono aggiunti gli albumi d'uovo e il resto dello zucchero. Quando l'impasto è pronto lo si lavora su un piano coperto da zucchero semolato mischiato a una piccola percentuale di zucchero a velo. Si procede come per fare gli gnocchi. Si prende dunque una parte di impasto, si arrotola sullo zucchero e poi si taglia in maniera regolare. Gli amaretti vengono poi resi tondi a mano uno per uno e posati sul vassoio da forno. ![]() Gli amaretti poi cuoceranno per circa 20 minuti a 180 °C. Alle Dolcezze del Pep sono in grado di produrne 12.600 al giorno lavorando in 5 persone. La produzione è assolutamente giornaliera e viene programmata a seconda degli ordinativi, in modo da garantire la freschezza degli amaretti, che devono essere sempre fragranti e mai seccare all'interno. All'assaggio gli amaretti presentano profumi e aromi assai caratteristici, ma ciò che li contraddistingue è la morbidezza che si nasconde all'interno della crosta dorata, e che è assai fine. Questa morbidezza è senza dubbio dovuta non soltanto alla sapiente miscela di mandorle, armelline, zucchero e albume, ma anche della cottura. Sono stata varie volte in Piemonte e di amaretti ne ho assaggi molti di produzioni diverse, ma buoni come quelli di Laura, Marina, Massimiliano e Luigi sinceramente non li avevo mai trovati. Il laboratorio ha un negozio di vendita, e quindi – in attesa che il sito internet sia pronto – conviene andare direttamente a Incisa Scapaccino e acquistarne una confezione. Non ve ne pentirete. Nel filmato qui sotto potete seguire il procedimento per tagliare gli amaretti direttamente dalla voce di Massimiliano Pesce.
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Va comunque sottolineato il fatto che la Guida concede le tre foglie solo ed esclusivamente a un'unica selezione per azienda, e dunque spesso la differenza di punteggio tra tre foglie e due foglie rosse è veramente minima. La premiazione si terrà domenica 10 aprile alle 16 del pomeriggio presso la Sala Salieri del Palaexpo.
Per tutti i quattro giorni della manifestazione, presso lo stand A 49 del Padiglione C, sarà possibile degustare tutte le selezione prodotte dal Frantoio Gaudenzi: Quinta Luna, il monocultivar Moraiolo Chiuse di Sant'Arcangelo, 1950 e il sorprendete 6 Novembre, che quest'anno si distingue per le particolarissime note aromatiche e per la grande fragranza. Queste selezioni derivano da una grande annata, visto che il 2015 si è distinto per la regolarità stagionale e per quantitativi abbondanti di olive di ottima qualità. Sempre nel 2015 inoltre la famiglia era riuscita ad affittare un oliveto di 10 ettari nella zona di Trevi per poter incrementare la propria produzione per soddisfare le richieste del mercato. Proprio a partire dal difficile anno 2014 infatti il frantoio ha visto un incremento notevole di vendite, a dimostrazione che si può lavorare bene anche in annate non particolarmente propizie. Insomma, si preannuncia un Sol di altissimo livello quello si svolgerà presso lo stand dei Gaudenzi, che continuano a portare avanti la bandiera dell'olivicoltura umbra e che hanno ormai conquistato nicchie significative dei mercati internazionali. I Gaudenzi vi aspettano a Sol dal 10 al 13 aprile per farvi degustare le grandi selezioni del raccolto 2015. Taste è Taste. E l'edizione 2016 di questa straordinaria festa delle produzioni agroalimentari di qualità che si tiene alla Stazione Leopolda di Firenze è apparsa particolarmente bella. Negli ultimi due-tre anni infatti Taste era diventata troppo piena e con corridoi dove era praticamente impossibile camminare. Difficile arrivare ai banchi dei produttori e ancor più difficile riuscire non dico a parlare ma almeno a scambiare due parole con loro. L'aver spostato lo spazio ring e il bar all'esterno è stata un'ottima soluzione per recuperare spazi vitali per gli operatori e per i visitatori. Dunque una gran bella edizione come sempre ricca di eventi fuori dalla Leopolda, i così detti “fuori di taste”. Io purtroppo ho potuto seguirne soltanto uno, la presentazione delle mostarde e delle confetture de Le Tamerici di Mantova presso la scuola di cucina Cordon Bleu di via Giusti. Non conoscevo la produzione delle Tamerici, e sono rimasta stupefatta dalla qualità della mostarda di mela campanina, la più tradizionale del territorio e dalla bontà della confettura di pomodoro rosso. Sono così poi tornata a parlare con Paola Calciolari, la titolare dell'azienda, affascinata anche dalla sua storia personale. Paola infatti era una farmacista, che a un certo punto della sua vita ha deciso di seguire la sua passione per la cucina e di riportare in auge la produzione di mostarde di qualità che nel mantovano si era un po' persa. Paola racconta che nel suo territorio la tradizione delle mostarde o era del tutto casalinga oppure industriale. Ossia mancava quel passaggio fondamentale rappresentato dalle piccole produzioni di qualità. Paola insegna a utilizzare le mostarde in cucina e dunque non solo più come accompagnamento ai bolliti o ai formaggi. Nel corso del fuori di taste infatti sono stati realizzati dagli allievi della scuola due piatti cucinati con le mostarde.
Ai banchi di Taste ho poi fatto altre scoperte. Prima però mi piace sottolineare il ritorno di Mokarico alla Leopolda. L'azienda mancava da qualche anno, ma è tornata alla grande, con un ampio spazio allestito da Alessandro Moradei. Una intera parete composta da tazzine bianche e arancioni formavano il logo con un effetto pixel, e all'ingresso dello spazio troneggiava la nuova macchina da caffè realizzata da La Marzocco in esclusiva per Mokarico. La macchina si distingue per una sorta di “copertura” in legno che occhieggia nuovamente all'effetto pixel, e con al centro il marchio Mokarico in arancio. Ma la vera novità è il cappuccino a km 0 realizzato con il latte della fattoria Il Palagiaccio di Scarperia. In pratica, tra la sede di Mokarico, quella del Palagiaccio e quella della Marzocco che produce le macchine da caffè corrono qualche centinaia di metri, diventando una sorta di triangolo magico del cappuccino di qualità. Ho scoperto i prodotti di Orizzonti del Pescatore, una giovane azienda di Treviso che lavora pesce italiano (solo il tonno e il salmone sono importanti). I due giovani imprenditori, Andrea Rossi e Luca Zanardo, hanno deciso di dar vita a due diverse linee. Quella del gelo è destinata alla ristorazione ed è composta da gamberi rossi, seppie, branzini, tonno e salmone. La linea del fresco invece propone alle gastronomie un fantastico filetto di branzino marinato con succo di arancia e limone e aceto di mele. C'è poi il tonno messo sotto sale e poi stagionato a bassa temperatura esattamente come se fosse un salume. Infatti si chiama prosciutto di tonno, e quest'anno Orizzonti del Pescatore ha anche messo in produzione il prosciutto di branzino. Gustosissime le alici di Trieste anch'esse marinate in succo di limone e aceto di mele. L'aceto di mele è perfetto per la marinatura del pesce perché non ne altera i sapori. Sempre a proposito di prodotti del mare ho assaggiato nuovamente il tonno di Colimena, l'azienda di Avetrana presente a Taste ormai da varie edizioni. Il loro è un bel caso di filiera corta del tonno, perché sono pescatori e lavorano il loro pesce, a parte il tonno pinna gialla che importano. Loro hanno ripreso un antico metodo di cottura artigianale che era praticamente sparito. I tonni che troviamo in scatola infatti sono cotti al vapore, con una inevitabile disidratazione delle carni che fa sì che poi il tonno assorba molto olio. Da Colimena invece il tonno viene prima pulito e poi messo in una vasca d'acqua a temperatura ambiente dove viene smosso in modo che elimini sangue in eccesso e tossine. Dopo qualche ora il tonno viene messo a bollire con spezie e aromi mediterranei. In questo modo il tonno mantiene la sua naturale idratazione e non assorbirà troppo olio preservando il suo sapore. APaestum invece l'azienda Maida trasforma verdure, legumi e frutti in piccole meraviglie commercializzate in eleganti barattoli. Dalle passate ai sottolio alle confetture di frutta, il banco di Maida era un tripudio di colori. Anche in questo caso siamo in presenza di una famiglia totalmente dedita alla selezione di materie prime di altissima qualità e alla riscoperta di antiche ricette tradizionali del territorio. Francesco Vastola, insieme ai figli Maria Antonia e Fabrizio, è riuscito a creare dei prodotti molto legati al territorio di provenienza, come a esempio la cicoria selvatica sottolio, la passata di pomodoro giallo e il delizioso broccolo friariello di Napoli. Naturalmente, la famiglia Vastola utilizza solo ed esclusivamente olio extra vergine di oliva del Cilento. Francesca Giorgetti è invece la maga delle spezie. Nel suo sito Tutte Le Spezie del Mondo troverete veramente tutti i profumi che madre natura ci regala. Per il secondo anno a Taste Francesca espone spezie, erbe, pepi, bacche e mix provenienti da tutto il mondo e ne racconta proprietà e utilizzi. Quello delle spezie è un universo infinito e tutte le volte che incontro Francesca mi rendo conto di saperne veramente poco. E' da lei quindi che bisogna andare per penetrare questo mondo affascinante, e Francesca in effetti organizza corsi per conoscere meglio le spezie e imparare ad adoperarle in cucina in maniera corretta. Da lei quest'anno ho scoperto il pepe cubebe, parente stretto del pepe nero, e che ben si abbina alle carni. Ne farò scorta, come pure del curry thai rosso composto da peperoncino, coriandolo, cumino, curcuma, fieno greco, zenzero, paprica, pepe nero, semi di senape e lemongrass. Infine, tra gli espositori più fedeli di Taste ci sono gli amici Marta Mezzetti e Massimo Zetti dell'Osteria dell'Ortolano di Firenze. La gastronomia di famiglia è stata dai due ampliata ed è diventata anche ristorante e luogo di produzione di alcune leccornie come la ormai famosa Martarè, la torta al cioccolato prodotta con quattro diversi cioccolati fondenti (80% di cacao) che viene cotta a media temperatura e poi confezionata sotto vuoto. Notevole anche il panforte di Marta e Massimo con cedro di Diamante candito e arance siciliane candite, mandorle pugliesi e miele dell'azienda di famiglia a Gambassi Terme, sempre in provincia di Firenze. Si chiama Communicating Art
ed è il progetto del Liceo Scientifico Castelnuovo che trasformerà per 3 giornate i ragazzi della III L in guide turistiche bilingue al Chiostro dello Scalzo 11-14 e 16 aprile, ore 9-13 Via Cavour 69 - Firenze Firenze, 10 marzo 2016 Gli allievi della III L del Liceo Scientifico Guido Castelnuovo di Firenze sono stati scelti per partecipare a un progetto interdisciplinare che vede coinvolte due materie di studio: la storia dell’arte e la lingua inglese. D’accordo con il Polo Museale della Toscana, i ragazzi per tre mattine accoglieranno i turisti italiani e stranieri al Chiostro dello Scalzo di via Cavour per illustrare loro, in italiano e in inglese, le meraviglie di questo luogo che conserva un ciclo monocromo di affreschi di Andrea Del Sarto. Il chiostro fungeva da ingresso alla chiesa di San Giovanni Battista della Compagnia dei Disciplinati (poi distrutta) e gli affreschi risalgono agli anni tra il 1509 e il 1526 e ritraggono alcuni episodi della vita di San Giovanni Battista. La scelta della monocromia è da far risalire a esigenze di contenimento dei costi, ma proprio la mancanza del colore dona agli affreschi un mirabile effetto da bassorilievo. I ragazzi sono stati accuratamente preparati dal professor Cesare Di Gaeta, docente di Storia dell’Arte, e dalla professoressa Vera Bianco, docente di Lingua e Letteratura Inglese, e sono dunque pronti a illustrare ai turisti il ciclo di affreschi in due lingue, trasmettendo loro tutto quando imparato sia a scuola che nel corso dei sopralluoghi fatti al Chiostro dello Scalzo. Un’occasione unica dunque per visitare questo tesoro fiorentino con delle guide d’eccezione. Gli allievi della III L si sono infatti dichiarati entusiasti dell’essere stati selezionati per questo progetto interdisciplinare e lo considerano una sorta di premio per il loro impegno scolastico. I ragazzi della III L del Liceo Scientifico Castelnuovo vi attendono al Chiostro dello Scalzo lunedì 11, giovedì 14 e sabato 16 aprile dalle 9-13 per offrirvi un viaggio affascinante nel ciclo di affreschi di Andrea del Sarto. Chiostro dello Scalzo, via Cavour 69, ingresso gratuito.
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Patrizia Cantini
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April 2021
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