Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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Simbiosi a Firenze apre una caffetteria bristot

11/22/2018

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Via Ginori a Firenze diventa sempre più “simbiotica”. Sì, perché oltre alla pizzeria, al ristorante e allo street food, Simbiosi aprirà il 29 novembre anche il Simbiosi Organic Cafè & Lovely Bistrot. Al numero 64 rosso, proprio all’angolo con via Guelfa, Simbiosi dunque apre un nuovo locale che segue la medesima filosofia dei precedenti, ossia quello del biologico e dell’organico, possibilmente toscano. Se la filosofia rimane la stessa, la formula del nuovo Simbiosi è necessariamente diversa, e di concentra sulla caffetteria, con un menù concepito per andare incontro alle esigenze della colazione, di un pranzo leggero e, per la sera, di un wine-bar. 
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Nel menù si trova una vera e propria carta dei caffè, che provengono da quattro piccole torrefazioni artigianali: Ditta Artigianale, La Tosteria, D612 e Nero Scuro. Nella carta dei caffè vengono riportate le varietà, le zone di provenienza, le caratteristiche organolettiche e, infine, anche le loro migliori performance. In altre parole, viene spiegato se quella miscela si esalta in un cappuccino o in un americano, in un espresso o in un caffè latte. Oltre alla classica macchina per espresso, il locale propone anche il caffè filtro, che esalta gli aromi delle miscele. La proposta per la colazione comprende centrifughe, smoothies, succhi bio, tè e centrifughe, accompagnate da dolcezze varie. Alle 12 entrano in scena anche le insalate, che variano a seconda della stagione e dell’offerta del mercato. Infine, la sera si possono ordinare taglieri di salumi e formaggi, crostoni, tartare e tapas. I vini sono selezionati tra quelle aziende toscane che producono in regime biologico, e ci sarà anche un’offerta di birre biodinamiche. 
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Infine, ci saranno i cocktail, da quelli analcolici a quelli vintage e on the rocks. Anche per i cocktail i distillati e gli alcolici utilizzati provengono da piccole produzioni artigianali per  lo più toscane, e alcune delle quali del tutto biologiche.
I posti a sedere sono 15 e il locale resta aperto tutti i giorni, con orario 8-22 dal lunedì al venerdì e 9-22 il sabato e la domenica. Lo stile ripete quello degli altri, con il tipico aspetto dei mattoni a vista, ma con una parete realizzata con fondi di caffè dall’artista Giuseppe Battaglia. 
Pare dunque che Simbiosi e via Ginori abbiano trovato un vero e proprio rapporto simbiotico, e in effetti questa strada fiorentina, tanto centrale quanto per fortuna disertata dal turismo di massa, ben accoglie luoghi dal carattere forte e con un legame profondo con il territorio di appartenenza. Sarà sicuramente un altro successo.  


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Giovani olivicoltori crescono

11/14/2018

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Andrea e Stefano Gaudenzi, di 25 e 29 anni, hanno cominciato a piantare i nuovi 20 ettari di oliveto nel comune di Spoleto. E' un segno positivo, visto che l'Italia è l'unico paese al mondo dove la produzione di extra vergine è in  calo e dove il ricambio generazionale nel settore dell'olio è assai scarso. 
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Stefano (a sinistra) e Andrea tagliano il nastro del nuovo oliveto.
Ha finalmente preso il via l’impianto dei nuovi oliveti di proprietà di Andrea e Stefano Gaudenzi nell’azienda acquistata dai due fratelli lo scorso anno nel comune di Spoleto, ai piedi dei Monti Martani. Il primo olivo è stato messo a dimora in presenza dell’assessore regionale all’agricoltura Fernanda Cecchini, del sindaco di Spoleto Umberto De Augustinis e del sindaco di Trevi Bernardino Sperandio.
I 20 ettari di nuovi oliveti saranno completati a ottobre 2019, e l’impianto è organizzato in tre diverse fasi. La prima, che è appena iniziata, vedrà la messa a dimora di 2.000 piante, 1.400 delle quali di Frantoio e le restanti 600 di Leccino e Leccio del Corno. Seguirà a primavera prossima l’impianto di 1.000 piante di Moraiolo e infine, ad autunno 2019, gli oliveti saranno completati con altre 3.000 piante delle cultivar Sanfelice, Nostrale di Rigali e Dolce Agogia.
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Il luogo dove sta sorgendo il nuovo oliveto. Sullo sfondo i Monti Martani
Gli impianti sono stati progettati dall’agronomo Andrea Sisti del Landscape Office Agronomist di Perugia e presentano soluzioni tecnologiche innovative e del tutto inedite in Italia. Sisti ha infatti studiato le mappe aziendali a partire dal 1955 per poter mettere a punto un progetto che salvaguardi il paesaggio e al contempo consenta una perfetta gestione delle piante con un impatto ambientale ridotto al minimo. Sono stati prima di tutto individuati nove diversi “poderi” dove impiantare le diverse cultivar (tutte tipiche della Dop Umbria) e sono stati studiati i venti per poter orientare i filari degli impollinatori nella giusta posizione. I sesti di impianto sono accordati alle diverse cultivar e ogni podere avrà un proprio profilo organolettico ben definito. I terreni sono stati trattati in modo da garantire un adeguato drenaggio, e si è pensato al recupero delle acque in modo da alimentare un impianto di irrigazione di soccorso. Ma la soluzione tecnologica più innovativa è forse rappresentata dall’impianto ad aria compressa alimentato da energia fotovoltaica che metterà in funzione strumenti come le forbici per la potatura e gli scuotitoi per la raccolta, evitando in tal modo l’ingresso in campo dei trattori.
Il professor Maurizio Servili dell’Università di Perugia, che collabora da anni con la famiglia Gaudenzi, nel corso della presentazione del progetto ha voluto sottolineare l’importanza che due giovani abbiano deciso di dedicare la propria vita all’olivicoltura, in un momento in cui l’Italia è purtroppo l’unico paese al mondo dove la produzione di olio extra vergine diminuisce, a fronte di una Spagna che da sola rappresenta il 40% della produzione mondiale di olio. Andrea e Stefano Gaudenzi, di rispettivamente 25 e 29 anni, hanno semplicemente risposto che in frantoio sono nati e non vedevano per loro stessi altro panorama futuro se non quello di dedicarsi all’olio. Insomma, hanno abbracciato con felicità la loro vocazione di figli d’arte, e mamma Rossana e papà Francesco non possono che esserne felici e orgogliosi.
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I piccoli olivi in attesa di essere piantati.
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Barone Pizzini presenta Tesi 1

11/13/2018

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La celebre cantina della Franciacorta presenta un nuovo Extra Brut Metodo Tradizionale a base di un antico vitigno lombardo. 
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Barone Pizzini, la celebre cantina produttrice di Franciacorta, non è nuova alle sperimentazioni. Non è un caso che sia stata la prima a produrre un Franciacorta biologico e a concentrarsi su progetti che tengano conto delle esigenze ambientali e dei cambiamenti che stanno coinvolgendo tutta la vitivinicoltura europea. Primo tra tutti il cambiamento climatico, che nonostante sia negato da alcuni, è ogni giorno sotto i nostri occhi, a volte purtroppo in maniera anche troppo evidente.
Il cambiamento climatico nel mondo del vino nel giro di non troppi anni ha portato in molte zone vitivinicole alla produzione di uve che sviluppano contenuti zuccherini molto elevati, dando dunque vita a vini dall’alto tenore alcolico e caratterizzati da poca freschezza. Al contempo, il gusto del consumatore evoluto sta invece andando nella direzione contraria, chiedendo sempre più vini freschi, non troppo marcati dall’alcol e con una discreta acidità che li renda più facilmente bevibili. Molte delle sperimentazioni in corso in questi anni sono dunque impegnate a capire come produrre vini che vadano incontro a queste esigenze a fronte di estati sempre più calde con uve che rischiano di surmaturare sulle piante. Il recupero di antichi vitigni abbandonati o dimenticati fa parte di queste ricerche, e la provincia di Brescia già negli anni Ottanta aveva finanziato un progetto che ha portato alla riscoperta dell’Erbamat, un antico vitigno lombardo già attestato alla metà del XVI secolo in un volume dello studioso Agostino Gallo. L’Erbamat è un vitigno a bacca bianca caratterizzato dalla maturazione tardiva (a inizi ottobre), dal basso contenuto zuccherino e dall’elevata acidità. L’Erbamat è sensibile alle malattie, tende a produrre molto e non è facile da gestire, ma se messo a dimora in terreni poveri con portinnesti riduttivi può dare risultati assai interessanti per il Franciacorta.

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Silvano Brescianini
Barone Pizzini ha creduto nell’Erbamat da subito, tanto da impiantarlo nel 2008 per cominciare a studiarlo. Silvano Brescianini, direttore generale della cantina, racconta che l’Erbamat li ha fatti un po’ tribolare, proprio per la sua difficoltà a maturare; tuttavia lo considera “un pezzo di storia della Franciacorta”, e anche una probabile chiave di volta per poter continuare a produrre vini freschi. In Franciacorta altre cantine hanno seguito l’esempio di Barone Pizzini, ma a oggi solo l’azienda di Brescianini ha immesso sul mercato il primo risultato della sperimentazione sull’antico vitigno. Si chiama “Tesi 1” l’Extra Brut Metodo Tradizionale che è stato prodotto in solo 6.000 bottiglie, 4.000 delle quali destinate alla commercializzazione. Le altre resteranno in azienda per verificarne l’evoluzione negli anni. “Tesi 1” è il risultato di un uvaggio nel quale l’Erbamat rappresenta ben il 60%, mentre il restante 40% è suddiviso in parti uguali tra Pinot nero e Chardonnay. “Tesi 1” ha riposato 60 mesi sui lieviti e si presenta con un colore assai delicato, floreale al naso e piacevolmente agrumato in bocca. Il perlage è assai fine e la sapidità di questo Extra Brut ben si abbina ai crostacei, anche crudi.
“Tesi 1” sarà seguito da “Tesi 2” e da “Tesi 3”, che prevedono lo stesso uvaggio con diverso assemblaggio, in modo da poter continuare lo studio e la sperimentazione sull’Erbamat. Nel frattempo, il Consorzio Franciacorta non è certo stato a guardare, tanto da aver richiesto una modifica del disciplinare ammettendo, a partire dalla vendemmia del 2017, la presenza dell’Erbamat fino a un massimo del 10%.
Barone Pizzini è andato ben oltre il 10% ammesso dal disciplinare, e infatti “Tesi 1” non è un Franciacorta, ma visti i risultati e la grande piacevolezza del vino, sarà bene ringraziare Silvano Brescianini per aver saputo osare di più.  

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