Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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La Pettegola Limited Edition 2021

2/16/2021

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La pettegola è un uccello che ama l’acqua, e per questo lo possiamo trovare nelle zone umide, vicino a stagni, paludi e mare. Può essere migratore e stanziale, e il suo becco lungo gli permette di pescare piccoli pesci per nutrirsi.
Ma la pettegola – nell’immaginario collettivo – è prima di tutto una persona che “spettegola”, appunto. Infine, La Pettegola è anche il nome di un vino: il Vermentino di casa Banfi che non a caso nasce in Maremma, ossia in una delle zone d’elezione dell’uccello che gli ha dato il nome.
Con un nome del genere si potrebbe certamente giocare e l’equivoco potrebbe durare all’infinito, e non a caso dal 2012, suo anno di nascita, La Pettegola ha fatto molto parlare di sé. Perché è un ottimo Vermentino e perché si abbina a tante occasioni, ma anche perché da quattro anni la celebre cantina con sede a Montalcino ha deciso di farne delle edizioni limitate con etichetta disegnata da artisti.
Sulle 300.000 bottiglie prodotte ogni anno la Limited Edition ne copre solo 15.000, ed è partita la caccia a quella appena uscita (annata 2020) che è stata affidata alle mani e all’estro di Elena Salmistraro, giovane designer laureata al Politecnico di Milano che vanta collaborazioni importanti e già numerosi premi.
Elena Salmistraro si è cimentata nella ideazione e realizzazione di un’etichetta per la prima volta, e la sua idea creativa è brillante e divertente. Una pettegola (l’uccello, s’intende) molto ciarliera racconta una storia a una fanciulla che pare sconcertata da quanto ascoltato, tanto da restarne immobile e con le guance arrossate. Chissà cosa le starà raccontando la pettegola.
E’ un’etichetta molto bella, arricchita da inedite soluzioni tattili che la rendono diversa a seconda che si tocchi le parti lucide, quelle rigate o quelle lisce. I colori sono allegri ma non accesi, e fanno venire voglia d’estate, di mare e di Maremma. Il sole splende e irradia pettegola e ragazza e ci porta in una terra bella e ricca, dallo spirito vivace e colorito, ricca di vini e di acque.
E mentre la guardo, girandola da destra a sinistra seguendo il flusso del ciarlare della pettegola, continuo a chiedermi: “Ma cosa le starà dicendo si così sconvolgente”?

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Genuino.Zero compie un anno

11/12/2020

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Genuino Zero, la start up di Chiara Brandi vincitrice della call della Murate Idea Park, compie un anno, e al suo attivo ha 3.000 iscritti che ordinano la propria spesa con prodotti che provengono da 30 aziende agricole. La distanza media delle aziende dalla città di Firenze è di 33 chilometri, mentre l'età media dei produttori è 40 anni. Oltre al servizio di spesa, Genuino Zero offre - compatibilmente con le restrizioni in corso a causa della pandemia da Covid - corsi, laboratori e visite nelle aziende agricole che fanno parte del network. La fondatrice dunque intende non soltanto vendere prodotti genuini, ma anche educare al consumo intelligente e a minor impatto ambientale. 
Nel prossimo futuro di Genuino Zero ci sarà una mobilità sempre più sostenibile e anche l'idea di promuovere una rete a livello nazionale che unisca tutte le realtà che propongono soluzioni alternative di distribuzione. Attualmente Genuino Zero copre con consegne a domicilio i comuni di Firenze, Fiesole, Settignano, Bagno a Ripoli, Scandicci, Galluzzo, Lastra a Signa, Signa, Campi, Calenzano e Prato, più tutta l'area di Valdarno e Valdisieve. Sono inoltre allo studio anche partnership a supporto dei ristoranti del territorio.
www.genuinopuntozero.it 

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L'annata 1930 del Carmignano di Capezzana

9/23/2020

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Cosa accade quando una degustazione verticale culmina nell’annata 1930? Accade che ci emozioniamo, come ha ben detto una mia collega. Significa deliziare naso e palato con un vino di 90 anni che ha ancora tanto da dire, a chi voglia ascoltare.
Ma quale azienda può permettersi di presentare a un nutrito gruppo di giornalisti specializzati una verticale che a partire da quella del 2017 presenta le annate 2016, 2010, 2006, 1998, 1995, 1988, 1981, 1977, 1974, 1969 e, appunto, la 1930?

Siamo a Capezzana, la storica azienda della famiglia Contini Bonaccossi, e dunque stiamo parlando del Carmignano Docg. Accade spesso purtroppo che le denominazioni piccole, che non hanno una massa critica importante, facciano più fatica a farsi conoscere in Italia e nel mondo rispetto a quelle che producono milioni e milioni di bottiglie.
E accade altrettanto spesso che queste piccole (da un punto di vista di estensione territoriale, s’intende) denominazioni si rivelino dei veri e propri gioielli.
Carmignano è così, e ben l’aveva capito il granduca Cosimo III, che nel 1716 emanò un editto che può a ragione essere considerato antesignano delle moderne denominazioni di origine. Nell’editto il granduca mediceo elencava solo 4 vini, che oggi corrispondono al Carmignano, al Chianti Classico, al Chianti Rufina e al Valdarno di Sopra. Un altro granduca, Pietro Leopoldo di Lorena, nel 1773 invece nella “Relazione sul Governo della Toscana” pose il Carmignano al vertice qualitativo della produzione del suo regno.

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L'enologo Franco Bernabei, Beatrice e Filippo Contini Bonaccossi
Ecco, il Carmignano Docg di Capezzana si presenta ancora così: un vino di altissimo livello qualitativo con una personalità unica dovuta all’origine marina dei terreni, al microclima e alla sapienza della famiglia Contini Bonaccossi, tra i cui tanti meriti c’è quello di aver sempre puntato sulla propria denominazione senza farsi distrarre dalle varie mode che si sono susseguite in Toscana a partire dagli anni Ottanta.
Non a caso nelle dodici annate degustate era assai facile individuare un filo conduttore che corrisponde appunto a quella coerenza produttiva che solo le grandi aziende possono vantare. E in queste dodici annate il Sangiovese ha dato delle prove altissime di longevità (indimenticabile per me il 1981) che sono culminate appunto nel 1930.
Ma cosa dà a un vino una tale capacità di invecchiare? L’acidità, prima di tutto. E il Sangiovese è un vitigno che possiede per sua natura una buona dose di acidità, ma che non si esprime nella stessa maniera in ogni terreno e in ogni condizione geografica. Evidentemente Carmignano è un piccolo paradiso per il Sangiovese, che nel bicchiere dei 12 vini degustati ha anche dimostrato una rara eleganza e una bellissima ricchezza aromatica. 
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Le annate in degustazione
Il Carmignano Docg Villa di Capezzana è insomma uno di quei vini che non dovrebbero mai mancare in cantina, sempre che si sia alla ricerca di vini di pregio e non di immagine, di vini di territorio e non di vitigno. Dalla vendemmia 2010 in poi, inoltre, la famiglia ha deciso di mettere da parte 3.000 bottiglie per ogni annata, e di rimetterle in commercio a dopo dieci anni, per far capire la longevità di questo vino.
Dobbiamo essere grati alla famiglia Contini Bonaccossi che non si è lasciata né sviare né tanto meno intimorire dalle mode (e anche a volte da noi giornalisti) e che in maniera silenziosa e senza inutili proclami ha portato avanti la causa del Carmignano e lo ha reso l’emblema di una Toscana colta, bella e inimitabile.
Grazie a Benedetta, a Beatrice, a Serena, a Filippo e a Giovanni Contini Bonaccossi, e grazie all’enologo Franco Bernabei. 

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Il menù di pesce di Pizzaman

9/16/2020

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Gli spaghetti fatti in casa con bottarga e veraci
Pizzaman è fin dalla sua prima apertura a Firenze nel 2001 diventato sinonimo di semplicità; e probabilmente proprio questa semplicità è all’origine del suo successo, che gli ha permesso di avere ben sei locali in città. Pizzaman è proprietà della famiglia Madeo, ma ognuno dei locali ha poi dei soci gestori. Tra le sei pizzerie fiorentine del marchio ce n’è una che da quindici anni è anche ristorante. Si tratta del Pizzman di via Rocca Tedalda, locale gestito da Gino Laurenzano e Cristian Masia.
Da cinque anni in via Rocca Tedalda vengono proposti anche piatti di pesce, perché Gino Laurenzano - calabrese di nascita ma poi emigrato in Germania dove possiede ancora dei ristoranti a Düsseldorf – è infatti un appassionato di menù di mare. I piatti sono talmente piaciuti alla clientela da spingere ora a potenziare l’offerta e creare una vetrina del pescato del giorno.

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Il sautè di cozze, vongole veraci e scampi
Anche i piatti di pesce sono all’insegna della semplicità, che tuttavia in questo caso fa rima con genuinità e ricorda da vicino i menù tipici delle coste italiane, e quelle calabresi in maniera particolare. La filosofia è quella di offrire ai clienti dei piatti che rispettino la materia prima, con elaborazioni non sofisticate e che dunque non sovrastino la naturalità dei sapori. Nel menù troviamo alici piccanti con paprika, fritture di pesce, la classica grigliata di mare, la tagliata e la tartare di tonno, il sautè di cozze e vongole: insomma, tutti piatti della tradizione costiera italiana cucinati con garbo e soprattutto selezionando i prodotti più freschi al mercato. 
Insieme a questi ci sono anche piatti particolari che meritano attenzione, e sono quelli a base di pasta. Perché qui la pasta secca è fatta tutta in casa, e gli spaghetti alla bottarga e vongole veraci che sono una vera sorpresa di gusto. Poi ci sono le linguine al granchio o all’astice o ai frutti di mare, e i paccheri con pomodorini e gamberi.
Anche il pane è tutto fatto in casa e si presenta con la mollica soffice e la crosta croccante, come piace ai fiorentini, anche se si differenzia da quello tradizionale per una leggera presenza di sale. 

Ma nel menù non ci sono soltanto piatti di pesce e per la prossima stagione fredda vale la pena segnalare gli gnocchi alla sorrentina, conditi con mozzarella e pomodoro. La particolarità è che vengono serviti in un contenitore di coccio caldissimo ricoperto dalla pasta da pizza, in modo che la mozzarella resti filante fino alla fine.
E poi, infine, non vanno dimenticate le pizze, con i classici tre tipi di impasto: quello tradizionale, quello integrale e quello senza glutine. L’impasto tradizionale ha un piccolo segreto che lo rende particolarmente digeribile. Vi è infatti presente l’inulina, una fibra presente in vari vegetali, e in modo particolare nelle radici di cicoria, che ha importanti proprietà digestive.
Il locale è ampio, e ha una veranda utilizzata durante la bella stagione.  Le ragazze e i ragazzi responsabili del servizio ai tavoli sono sorridenti, cordiali e attenti, e i prezzi dei piatti sono contenuti. Insomma, in via Rocca Tedalda troviamo una buona cucina di pesce in un ambiente accogliente e alla mano, senza formalismi. A me queste sembrano tutte ottime ragioni per andare a provarlo. Che ne dite?

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Enjoy European Quality Food, gusta il meglio dell'Europa

1/29/2020

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Alcuni degli oli in degustazione
Esiste un progetto cofinanziato dall’Unione Europea che si chiama Enjoy European Quality Food, e che intende appunto promuovere la conoscenza e il consumo di vino, olio e formaggi a denominazione di origine, indicazione geografica e a STG (ossia Specialità Tradizionale Garantita) di provenienza comunitaria. Il progetto coinvolge cinque paesi (Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna) e prevede che i paesi partecipino con un paniere di prodotti, che per tre anni saranno i protagonisti di azioni promozionali volte a informare il consumatore finale e a renderlo consapevole dell’importanza di mettere in tavola prodotti di qualità certificata. Il paniere italiano è costituito dall’Associazione Olivicoltori Toscani (Apot), dal Consorzio Asti Docg, dal Consorzio Prosecco Docg, dal Consorzio Vino Nobile di Montepulciano Docg, dal Consorzio Provolone Valpadana Dop e infine dalla Latteria di Soligo. 
PictureDimostrazione di potatura negli oliveti dell'azienda Fanciulli, Dop Terre di Siena
Una delle azioni promozionali di Enjoy Europea Quality Food ha portato all’organizzazione – da parte dell’Unione Provinciali Agricoltori di Siena - di un tour per giornalisti alla scoperta dell’olio Dop Terre di Siena e dell’olio Dop Seggiano. La Dop Terre di Siena coinvolge un vasto territorio prevalentemente a sud della città, ed esclude i comuni come Radda, Gaiole e Castellina, o parte di essi come Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi, che invece insistono all’interno del territorio di produzione della Dop Chianti Classico. Per quanto riguarda invece la Dop Seggiano, il territorio comprende i comuni di Arcidosso, Castel del Piano, Castell’Azzara, Cinigiano, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano e Semproniano, tutti compresi nella provincia di Grosseto e situati alle pendici dell’Amiata. In quest’area, in una fascia altimetrica compresa tra i 200 e i 650 metri sopra il livello del mare, si trova la varietà di olivo denominata Olivastra Seggianese che secondo il disciplinare della Dop deve rientrare almeno all’85% nella composizione dell’extra vergine.

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Cappellacci ripieni di cime di rapa, piatto di Monika Filipinska, chef di Dievole
All’interno del tour si è svolto anche un momento di riflessione sull’extra vergine, sulle sue qualità organolettiche e salutistiche e sulle più moderne tecnologie estrattive che permettono di produrre extra vergine di elevata qualità. E’ stato il professor Maurizio Servili - del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia – a parlarne di fronte al pubblico di produttori, giornalisti e blogger. Servili conosce il mondo della produzione dell’olio a 360 gradi e ha dato la bella notizia che l’Università di Perugia ha deciso di aprire un corso di olivicoltura che partirà ad autunno prossimo presso il suo dipartimento. E’ una bella notizia per il nostro paese, che è il primo per produzione di extra vergine di qualità ma che al contempo non brilla certo per diffusione di conoscenze reali sull’olio tra i consumatori finali, che continuano a trovarsi di fronte a scaffali che propongono extra vergini con prezzi che variano tra i 3 e i 20 euro. E’ su questo versante che è necessario lavorare per far capire ai consumatori quali siano i costi reali della produzione dei un extra vergine di qualità e su quanto sia importante questo alimento all’interno della nostra dieta quotidiana. L’extra vergine non è un medicinale, ma Servili ricorda che il consumo quotidiano di un buon extra vergine fin da piccoli protegge dall’insorgenza di varie malattie in età adulta, prime tra tutte quelle cardio vascolari. E’ dunque importante che il consumatore capisca che investire 12-15 euro in una bottiglia di extra vergine fa bene al palato e fa bene al cuore, e per altro dura a lungo e non si esaurisce nel giro di uno o due pasti come una bottiglia di vino. E’ poi necessario che i consumatori sappiano anche come conservare la loro preziosa bottiglia di extra vergine, lontana da fonti luminose che sono le prime cause di deterioramento dell’olio, perché i processi di foto ossidazione lo deteriorano più del calore. 
PictureDue etichette Dop Terre di Siena: Fanciulli e La Crocetta
In un mondo diventato preda di false notizie che ci aggrediscono ovunque, diffondere nozioni anche basilari sull’extra vergine non è cosa banale, perché gli interessi in gioco sono enormi e quasi mai coincidono con quelli dei consumatori. Quindi ben venga il corso di olivicoltura dell’Università di Perugia e tutto quanto possa concorrere a creare una corretta informazione nel consumatore. Proprio a questo serve Enjoy European Quality Food, e dunque gustiamoci il cibo europeo di qualità.





​Per ulteriori informazioni sul progetto comunitario Enjoy European Quality Food visita il sito:
eeqf.eu

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Al via il I Concorso Internazionale del Vermentino

1/10/2020

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Gli Anni Venti appena iniziati saranno quelli del Vermentino? E’ probabile, visto il successo che questo vitigno sta riscuotendo. Se non si conosce con esattezza la sua terra d’origine, è invece certo che il Vermentino come lo conosciamo oggi ha avuto la sua culla tra Liguria, Alta Toscana, Sardegna e Corsica. Vino caratterizzato da una splendida sapidità, oggi il Vermentino è declinato in mille sfumature diverse e viene coltivano in molte parti del mondo. In Francia, dove veniva chiamato Picobon, hanno impiantato migliaia di ettari a Vermentino – soprattutto tra Provenza e Languedoc Roussillon - e hanno optato per il nome italiano, assai più conosciuto a livello internazionale, tanto che gli americani ormai sanno anche pronunciarlo quasi correttamente.
E proprio al Vermentino è dedicato un Concorso Enologico Internazionale le cui fasi finali si svolgeranno a Cagliari il 17 e il 18 febbraio prossimo. Il Mininstero delle Politiche Agricole ha affidato ufficialmente all’associazione APS Promo Eventi l’organizzazione del concorso, patrocinato dalla Regione Sardegna e in collaborazione con l’Assoenologi Sezione Sardegna. Sul sito www.concorsovermentino.com si trovano tutte le informazioni per partecipare al concorso, e le adesioni devono pervenire entro il 28 gennaio prossimo. Sono ammesse praticamente tutte le tipologie di Vermentino, a quello fermo a quello frizzante e spumante, purché rientrino in denominazione di origine o indicazione geografica, riportino la dicitura Vermentino in etichetta e contengano almeno l’85% del vitigno.
L’organizzazione si attende l’arrivo di circa 300 campioni, la maggior parte da Italia e Francia, ma anche da Australia, America, Sud Africa e Bulgaria. 

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Street By Il Vecchio e Il Mare

12/19/2019

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Lo street food è uno dei settori della moderna ristorazione che più sta crescendo in questi ultimi anni. A me per la verità piace ancora chiamarlo “cibo di strada”, perché l’espressione inglese non riesce a esprimere la sua forte connotazione antropologica. Il cibo di strada è praticamente quasi sempre esistito, ma nell’ultimo decennio è uscito da quella sorta di bolla che lo relegava a fenomeno marginale e spesso collegato a fiere e manifestazioni per diventare una espressione della modernità e parte integrante della vita di tutti noi. Insomma, il cibo di strada “è diventato grande” perché ha capito che per crescere doveva necessariamente imboccare la strada della qualità. 
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Il team, accovacciati Mario Cipriano e Pasquale Naccari
L’offerta fiorentina di cibo di strada è ormai molto ampia, e da pochi giorni vanta un nuovo locale in via Fra Paolo Sarpi all’angolo con via Gioberti, che si chiama “Street by Il Vecchio e il Mare”. Dal nome è facile capire che gli animatori di questo nuovo luogo dedicato al cibo di strada sono i titolari dell’omonimo ristorante – sempre in via Gioberti – che ha saputo unire le due tradizioni della cucina di mare e della piazza. Il Vecchio e il Mare nasce nel 2007 dalla volontà di Pasquale Naccari, nativo di Tropea e approdato a Firenze per seguire i corsi della Facoltà di Giurisprudenza. Esattamente dieci anni dopo, nel 2017, a Pasquale si unisce Mario Cipriano, di origini campane ma cresciuto a Trieste e da anni ormai in Toscana. Mario Cipriano è uno dei maestri italiani della pizza napoletana, insignito due anni fa dei 3 Spicchi del Gambero Rosso. 
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La pizza in teglia
Ed è proprio la pizza – in teglia stavolta e cotta in forno elettrico – una delle protagoniste dell’offerta di cibo di strada del nuovo locale che si trova all’angolo con via Fra Paolo Sarpi. Insieme alla piazza troverete la focaccia di Recco, la pizza al vapore, la schiacciata, le focaccine tonde, le pizzette sfogliate e la cecina. La selezione dei prodotti per le farciture è rigorosa, e alcuni di questi – come la Bufala Campana Dop del Casolare e i Pomodori di Virtuna 1934 – sono anche in vendita. Si può decidere se mangiare all’interno del locale oppure acquistare e portare a casa. Birre artigianali e vini al bicchiere accompagnano il pasto, e per il momento dell’aperitivo si possono anche degustare calici di spumante e di champagne. In questo periodo natalizio si può anche acquistare il panettone artigianale di Mario Cipriano, prodotto in edizione limitata.
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La focaccia con la burrata
Il locale è semplice e informale, come si conviene a un luogo riservato al cibo di strada, e offre la vista della preparazione delle pizze e delle focacce farcite. Ed è bello ammirare le mani laboriose del giovane team di Street by Il Vecchio e il Mare comporre le acciughe sulla pizza napoletana o disporre la burrata sulla focaccia di Recco.
 
Street by Il Vecchio e il Mare
Via Paolo Sarpi 2r, angolo via Gioberti
Aperto dal lunedì al sabato dalle 10 alle 21

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Il Muretto del Nizza

3/20/2019

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Moasca (credit Comune di Moasca)
Avete mai visitato Moasca nel Monferrato? E' un bellissimo borgo dominato da un possente maniero che domina le colline vitate protette dall'Unesco. Proprio la protezione Unesco, arrivata nel 2014, impone un'attenzione al territorio che il sindaco di Moasca Andrea Ghignone ha preso molto sul serio. L'anno scorso infatti ha deciso di abbattere la torre dell'acqua che si trovava proprio a ridosso del castello, che ospita anche un ristorante che propone un ottimo esempio di cucina locale. Al posto della torre dell'acqua, sta per sorgere il Muretto del Nizza, dedicato chiaramente a tutti i produttori del Nizza Docg, da molti chiamato la "super Barbera". Il Muretto del Nizza sarà il punto di partenza di un percorso enoturistico che porterà a immergersi nei vigneti delle due aziende del Comune, che stanno approntando due punti di degustazione che accoglieranno i turisti. Il Gal Terre  Astigiane ha finanziato il percorso tramite il programma Leader, e i lavori saranno ultimati entro la fine di giugno. Sul muretto delle mattonelle in ceramica riporteranno tutte le etichette di Nizza Docg prodotte dalle aziende che fanno parte dell'Associazione Produttori del Nizza. In questo modo, i turisti potranno prendere conoscenza con i tanti produttori di questo vino che sta vivendo un'ascesa costante sui mercati. 
A me pare una bella iniziativa, perché non solo va a riqualificare il borgo antico di Moasca e i dintorni del castello, ma perché va incontro a quelle che sono le esigenze del turismo slow, che cerca sentieri inediti e luoghi dove è veramente possibile entrare in contatto con la comunità locale e con i prodotti agroalimentari che nascono dal territorio. Il vino è senza dubbio il prodotto principe di questo turismo lento, attento e intelligente, che non si muove mai in  massa e ama i silenzi accompagnati dai suoni della natura. 
Il riconoscimento Unesco alle Colline del Monferrato sta creando un circuito virtuoso fatto di cantine e di altre produzioni locali come il salame cotto, di piccoli ristoranti nel verde con menù costruiti su prodotti a filiera corta e di agriturismi, B&B e alberghi dove l'ospitalità è personalizzata e anch'essa permeata dai sapori del luogo.
Un fine settimana a Nizza Monferrato, a Moasca, a Mombaruzzo (celebre per i suoi amaretti) e negli altri borghi regala scoperte infinite e anche grandi emozioni.
Potrete partire dal Muretto del Nizza, per poi magari approdare nella bella Enoteca Regionale La Signora in Rosso a Nizza Monferrato per assaggiare i vini e i piatti del territorio. Parlate con i produttori, ascoltate le loro parole appassionate dalle quali emerge quella caparbietà tutta piemontese che li ha resi capaci di fare con le uve Barbera un grande vino, che si chiama semplicemente Nizza Docg.
Il Muretto del Nizza sarà presentato ufficialmente al Castello di Moasca il 30 marzo prossimo alle ore 18 alla presenza del sindaco Andrea Ghignone, dell’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero, del presidente dell’Associazione Produttori del Nizza Gianni Bertolino e del presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Filippo Mobrici.


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Fiammae, il nuovo vino di casa Gondi

2/14/2019

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La bottiglia di Fiammae, Sangiovese in purezza
E' sempre una gioia assistere al battesimo di un nuovo vino, ma questa è per me un'occasione speciale. Perché Gerardo e Lapo Gondi io li ho visti crescere e ho assistito con molta felicità alla loro decisione di entrare a far parte dell'azienda di famiglia, quella Tenuta Bossi in Chianti Rufina proprietà dei Gondi dal 1592. Figli di Bernardo e Vittoria, Gerardo e Lapo affiancano ormai da qualche anno il padre e la zia Donatella nella conduzione della tenuta, e non potevano certo starsene fermi e limitarsi a seguire i vini già "in carta" alla Tenuta Bossi. Innamorati entrambi del Sangiovese ma con due visioni assai diverse in materia di vinificazione del vitigno, hanno espresso le loro idee all'enologo Fabrizio Moltard che ha saputo coniugarle e interpretarle. Così è nato Fiammae, un vino a Igt Rosso Colli della Toscana Centrale composto con sole uve Sangiovese provenienti da un vigneto aziendale situato a 300 metri di altitudine ed esposto a sud est. Dov'è la novità?, vi chiederete. La novità la spiega direttamente Lapo: "Quando nel 2015 Gerardo ed io abbiamo deciso di «metterci alla prova» con un nuovo vino, ci siamo subito resi conto di avere visioni diverse del Sangiovese. Lui aveva in mente un vino fresco ricco di profumi primari mentre io volevo un vino più potente e austero. Avendo noi due visioni diverse, il nostro enologo Fabrizio Moltard, con la sua lunga esperienza, ci ha aiutati a fondere, sapientemente, le nostre due anime e a dare vita a Fiammae." 
Fiammae dunque nasce con una doppia anima (e da questo il nome latineggiante al plurale) e si traduce nell'appassimento di metà delle uve per circa un mese, mentre l’altra metà viene vinificata subito. Le uve vengono poi fermentate in barrique e messe ad affinare separatamente in barrique di rovere francese. Per le uve fresche è stato scelto un legno di media tostatura, mentre per quelle appassite si è preferito utilizzare una barrique dalle note più austere e potenti. Terminati i 18 mesi di affinamento, il vino viene assemblato e imbottigliato. La commercializzazione inizia  dopo un ulteriore affinamento in bottiglia di 12 mesi.
La prima annata di Fiammae è il 2016 ed è Gerardo a spiegarne il nome: “Le fiamme ricorrono spesso nella nostra famiglia perché sono il logo del Banco Gondi e il Sangallo le volle raffigurare su alcuni bassorilievi lungo lo scalone principale del palazzo. Inoltre, mia figlia si chiama Fiammetta, un nome di famiglia. Ma sono anche le fiamme che rappresentano la passione che mio fratello ed io abbiamo per il vino”.
Dunque, benvenuto Fiammae e congratulazioni ai due giovani produttori. E tanti complimenti anche a babbo Bernardo che ha dato a Gerardo e Lapo la possibilità di esprimere le proprie ambizioni in questa nuova etichetta. 


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L'etichetta di Fiammae
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Il Nizza riconosciuto Docg anche dall'UE

2/13/2019

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Le bellissime colline vitate del Nizza
“Questo è l’ultimo atto di un lungo iter che ha visto come protagonisti tutti i produttori del Nizza Docg, uniti nella consapevolezza di avere un grande vino, che aveva diritto ad avere una propria denominazione di origine controllata e garantita”. Queste le parole con le quali il presidente dell’Associazione Produttori del Nizza Gianni Bertolino ha commentato l’appena avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del riconoscimento comunitario del Nizza Docg. Bertolino ricorda tutte le tappe di questo lungo iter, da quell’anno 2000 che, grazie all’opera di un primo nucleo di produttori, vide la nascita della sottozona Nizza all’interno della denominazione Barbera d’Asti Superiore. Ma quei produttori sapevano perfettamente che questo era solo il primo passo, perché il fine ultimo condiviso da tutti era appunto quello di ottenere una denominazione propria.
“E’ stato un percorso lunghissimo – ricorda ancora Bertolino – e forse nessun’altra denominazione italiana ha dovuto attendere così tanto, ma ne è valsa la pena. La Docg Nizza è finalmente arrivata con la vendemmia 2014 e le prime bottiglie sono uscite a partire dal 1° luglio del 2016. Grazie ai nostri sforzi, alla tanta comunicazione fatta e al grande favore ricevuto fin dall’inizio da parte della stampa specializzata nazionale e internazionale, il Nizza Docg è ormai considerato da tutti una realtà ben definita.”
Il primo presidente dell’Associazione, fondata nel 2002, è stato Michele Chiarlo, che oggi si dichiara “soddisfattissimo, abbiamo faticato tanto ma abbiamo ottenuto quello che meritavamo. Adesso il Nizza Docg passa dalla porta principale e può andare avanti sicuro sulla sua strada”.
Anche Gianluca Morino, che ha retto l’Associazione come presidente per ben tre mandati dal 2005 al 2014, esprime tutta la sua soddisfazione: “Mi auspico che il riconoscimento europeo sia il punto di partenza per un’autonomia forte del Nizza Docg, che si fonda sulla coesione dell’Associazione”.
Mauro Damerio, presidente dal 2014 dell’Enoteca Regionale del Nizza, si unisce alla gioia dei produttori: “Ho vissuto fianco a fianco dei produttori questi ultimi cinque anni di attesa, ma sapevamo che questo era l’unico punto di arrivo possibile. Adesso tutti noi possiamo continuare a lavorare con serenità”.
Infine, Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, si congratula con i produttori sottolineando che “il Consorzio e le aziende hanno dato il massimo per ottenere questo importante riconoscimento, frutto di un complesso e articolato lavoro che oggi ha consentito al Nizza di fregiarsi di un marchio di qualità garantita riconosciuto in tutto il mondo”.
​Il riconoscimento dell’Unione Europea (che pone fine al regime di etichettatura transitoria previsto in questi casi) dunque dà ufficialità a un vino già ampiamente riconosciuto dai mercati e molto apprezzato dai consumatori. Ne sono conferma la crescita esponenziale degli ultimi anni nel numero dei vigneti rivendicati a Nizza Docg (oggi sono circa 200 su un potenziale stimato di 720) e delle bottiglie prodotte, che con la vendemmia 2018 raggiungono quasi il mezzo milione di unità. Le aziende associate ormai sono 60 e la loro determinazione ha fatto nascere, nel 2018, la Mappa del Nizza realizzata da Enogea di Alessandro Masnaghetti, frutto di un lavoro che si è svolto nell’arco di tre anni e che ha dato vita a uno strumento scientifico per l’individuazione chiara dei cru del territorio.
Il 2019 si è dunque aperto alla grande per tutti i produttori del Nizza Docg, e Bertolino conclude rivendicando il lavoro svolto da quel folto gruppo di vignaioli che “ha lavorato incessantemente per quasi un ventennio al riconoscimento dell’unicità dei propri vigneti.”
E allora, W il Nizza Docg e, per favore, chiamiamolo semplicemente così.

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Gianni Bertolino, presidente dell'Associazione Produttori del Nizza
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    Patrizia Cantini

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