Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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I vini di Brunetta e co.

1/15/2019

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Renato Brunetta, foto Sandro Mchaelles
Durante l’ultima edizione di Pitti Uomo a Firenze, sono stata invitata a una degustazione di etichette prodotte dai così detti VIWP, vale a dire dai very important wine people. Ma chi sono queste persone importanti produttori di vino? Cantanti, attori, politici, giornalisti e sportivi. In altre parole, tanto per fare i nomi: Carole Bouquet, Andrea Bocelli, Francesco Moser, Sting e Trudie Styler, Jarno Trulli, Renzo Rosso (Diesel), Giovanni Bulgari, Renato Brunetta, Massimo D’Alema e Bruno Vespa. La degustazione si è tenuta presso lo studio fotografico di Sandro Michaelles, autore dei ritratti dei produttori, ed era organizzata dal collega Riccardo Gabriele e dal suo team di PR Comunicare il vino.
PictureFrancesco Moser, foto Sandro Michaelles
Iniziamo subito dai vini che mi sono piaciuti. Prima di tutto va detto che al mio palato i vini bianchi e le bollicine sono risultati in assoluto assai più gradevoli dei rossi. Buono lo spumante Trento Doc 51,151 prodotto da Francesco Moser con una selezione di uve Chardonnay. Il nome del vino chiaramente omaggia il record dell’ora ottenuto dal nostro grande ciclista a Città del Messico nel 1984. Buono anche il Moscato giallo di Moser, anche se non è certo un vino facile da capire e da abbinare.
Gradevole lo spumante rosé prodotto in Umbria nella tenuta La Madeleine da Massimo D’Alema e dalla moglie Linda. Solo che il nome non si può proprio pronunciare: Nerosé. E’ evidente che voglia far capire che lo spumante è prodotto con Pinot Nero, ma insomma, mi pare un nome decisamente bruttino.  

Mi è piaciuto poi il bianco di Jarno Trulli, la cui azienda Podere Castorani si trova in Abruzzo in provincia di Pescara. Si tratta infatti di un Igt Colline Pescaresi prodotto con uve Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia e Cococciola. Le uve sono o surmaturate in pianta oppure leggermente appassite, e dunque il vino va pensato – come suggeriva il mio collega Riccardo Margheri – in abbinamento a un formaggio a pasta dura un po’ stagionato più che insieme a piatti di pesce o carne bianca.

Notevole – senza alcun dubbio – il Passito di Pantelleria prodotto da Carole Bouquet: fresco, vellutato, persistente, tutto il contrario da quei “passitoni” noiosi e piatti che capita di degustare. Questo è veramente un vino piacevole da sorseggiare anche da solo senza particolari abbinamenti perché la sua freschezza basta a sé stessa. Anche in questo caso suggerirei un cambiamento di nome, perché quel Sangue d’Oro che probabilmente allude al sole di Pantelleria mi pare un po’ opprimente e pretenzioso. Preferisco la raccolta di poesia “Sangue e Oro” di André Ady, il poeta nazionale ungherese che ho studiato all’epoca dell’università. 
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Carole Bouquet, foto Sandro Michaelles
Ma c’è un altro vino bianco che mi è piaciuto, e siccome in questo caso sono riuscita a parlare a lungo con il produttore, ho deciso di dedicare più spazio a questa azienda laziale, a sud di Roma, che si chiama Capizucchi. Il produttore che ho conosciuto è Dario Diana ed è il figlio di Tommasa Giovannoni, ossia la moglie dell’onorevole Renato Brunetta. Il nome del vino Mater Divini Amoris fa riferimento all’omonimo santuario che si trova nelle prossimità dell’azienda e si tratta di una Malvasia del Lazio in purezza senza alcun invecchiamento in legno. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un vino fresco, gradevolmente agrumato e molto facile da bere. Non è un vino importante, ma è un vino assai ben fatto, e questa non è una cosa da poco secondo me. Sono stata colpita dalla semplicità e dalla passione con le quali Dario mi ha raccontato dei suoi 25 ettari di vigna impiantati da pochi anni nell’Agro romano.
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Dario e la sorella Serana, la madre Tommasa e Renato Brunetta, foto Sandro Michaelles
Lui non viene da scuole specifiche, ha come si suol dire iniziato sul campo e se ne è innamorato. E’ stato bello sentirgli dire: “Vorrei tornare a stare in vigna tutto il giorno, ogni vite è come un piccolo figlio”. Invece adesso Dario è impegnato a promuovere i suoi giovani vini, che sono già stati presentati alla scorsa edizione di Vinitaly. L’azienda produce varie etichette, tra le quali anche il blend Montepulciano d’Abruzzo Cabernet Sauvignon che porta il medesimo nome del vino bianco, ossia Mater Divini Amoris. In questo caso, pur trattandosi un vino più che corretto, la giovinezza dei vigneti si sente e quindi diventa difficile giudicare il vino oggi. Bisognerà attendere qualche anno per capire quanto i due vitigni riescano a esprimersi in un terreno vulcanico e in un microclima caratterizzato da forti sbalzi di temperatura che senza dubbio aiutano non poco le uve e sviluppare profumi. Il terreno dona mineralità ai vini, e nel bianco che ho degustato la mineralità e la sapidità erano ben presenti e sono entrambe caratteristiche a me ben gradite. Il goal aziendale è comunque quello di diventare i primi produttori di spumante laziale, ma anche per le bollicine bisognerà aspettare, anche perché non tutti i 25 ettari impiantati sono attualmente in produzione. Un’azienda giovane, dunque, che Dario dice essere molto amata da Renato Brunetta, da sempre appassionato di vini. Mi sono permessa di dire a Dario che difficilmente concordo con le idee politiche di Brunetta (in pratica quasi mai), ma grazie a questa degustazione ho trovato un punto di incontro anche con lui, e i punti di incontro sono sempre positivi. 
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