

Andate al Museo degli Innocenti, non è soltanto un’esperienza di alto valore culturale. C’è ancora tanta umanità che respira viva tra quelle mura.
Patrizia Cantini Wine & Food Communication |
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Ho visitato il Museo degli Innocenti, riaperto dopo una lunga ristrutturazione a giugno scorso. Per noi fiorentini lo Spedale degli Innocenti, con il suo bel portico di Brunelleschi, fa parte della storia della città esattamente come la Cupola e il Campanile di Giotto. Ma lo Spedale è soprattutto il simbolo di quella sensibilità verso i meno fortunati che già agli inizi del Quattocento faceva ampiamente parte dello spirito cittadino. Primo brefotrofio del mondo, nelle sue stanze sono cresciuti migliaia di bambini abbandonati oppure affidati da genitori indigenti alle cure dello Spedale. Qui è nato uno dei primi modelli di istruzione – compresa quella femminile – e con il passare dei secoli a questi bambini è stato dato un lavoro e soprattutto una possibilità di riscatto sociale. Commoventi sono le testimonianza audiovisive di alcune signore fiorentine qui cresciute che hanno voluto regalare al museo e a tutti noi la propria storia. ![]() Il museo è bellissimo e assai ricca la collezione di opere di proprietà dello Spedale esposta al pubblico. Vi si ammirano opere di artisti come Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Piero di Cosimo, ma è evidente che sono i dieci putti di Andrea Della Robbia a catturare maggiormente l’attenzione del visitatore. Questo perché da sempre sono il simbolo dello Spedale e perché normalmente li vediamo in alto a ornamento dei bellissimi archi del Brunelleschi, che personalmente ritengo il simbolo dell’armonia dello stile fiorentino. Adesso invece, e almeno fino a tutto settembre, sono ben esposti in una sala dopo un accurato restauro, e si possono ammirare da vicino. I loro volti ci raccontano molto di più delle classiche espressioni dei lattanti. Questi bambini non guardano mai di fronte a sé, ma i loro occhi sono rivolti in basso. Certamente Andrea Della Robbia ha scelto questa espressione perché sapeva che i suoi putti sarebbero stati posti in alto. Ma a vederli così da vicino, sembra che non ci vogliano guardare per paura di essere respinti, mentre le loro braccine allargate chiedono grazia e conforto. Queste manine aperte alla carità dovrebbero far riflettere tutti noi, così pronti a “respingere” e sempre meno pronti ad “accogliere”. Dovrebbero essere stimolo per un rinascimento del sentimento dell’accoglienza, intendendo per accoglienza un processo culturale pienamente integrante in quelle che sono le migliori consuetudini di convivenza sociale alle quali l’Occidente ha dato vita. ![]() Mia figlia ha passato all’interno dello Spedale degli Innocenti due anni di asilo nido e tre anni di materna. Sono stati anni importanti, di formazione e crescita intellettuale. Sono stata felice di tornarci con lei e rivedere i luoghi noti e scoprirne altri ancora non visti. Lo Spedale è ancora un luogo per i bambini, sia per quelli fortunati che per quelli bisognosi di aiuto. Tutti crescono insieme nei nidi e nelle classi della materna, insieme giocano e insieme imparano. Le diversità nascono dopo, e sono diversità necessarie. Ma questi anni di uguaglianza devono pure lasciare un loro segno. Andate al Museo degli Innocenti, non è soltanto un’esperienza di alto valore culturale. C’è ancora tanta umanità che respira viva tra quelle mura.
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Patrizia Cantini
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April 2021
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