Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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Il menù di pesce di Pizzaman

9/16/2020

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Gli spaghetti fatti in casa con bottarga e veraci
Pizzaman è fin dalla sua prima apertura a Firenze nel 2001 diventato sinonimo di semplicità; e probabilmente proprio questa semplicità è all’origine del suo successo, che gli ha permesso di avere ben sei locali in città. Pizzaman è proprietà della famiglia Madeo, ma ognuno dei locali ha poi dei soci gestori. Tra le sei pizzerie fiorentine del marchio ce n’è una che da quindici anni è anche ristorante. Si tratta del Pizzman di via Rocca Tedalda, locale gestito da Gino Laurenzano e Cristian Masia.
Da cinque anni in via Rocca Tedalda vengono proposti anche piatti di pesce, perché Gino Laurenzano - calabrese di nascita ma poi emigrato in Germania dove possiede ancora dei ristoranti a Düsseldorf – è infatti un appassionato di menù di mare. I piatti sono talmente piaciuti alla clientela da spingere ora a potenziare l’offerta e creare una vetrina del pescato del giorno.

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Il sautè di cozze, vongole veraci e scampi
Anche i piatti di pesce sono all’insegna della semplicità, che tuttavia in questo caso fa rima con genuinità e ricorda da vicino i menù tipici delle coste italiane, e quelle calabresi in maniera particolare. La filosofia è quella di offrire ai clienti dei piatti che rispettino la materia prima, con elaborazioni non sofisticate e che dunque non sovrastino la naturalità dei sapori. Nel menù troviamo alici piccanti con paprika, fritture di pesce, la classica grigliata di mare, la tagliata e la tartare di tonno, il sautè di cozze e vongole: insomma, tutti piatti della tradizione costiera italiana cucinati con garbo e soprattutto selezionando i prodotti più freschi al mercato. 
Insieme a questi ci sono anche piatti particolari che meritano attenzione, e sono quelli a base di pasta. Perché qui la pasta secca è fatta tutta in casa, e gli spaghetti alla bottarga e vongole veraci che sono una vera sorpresa di gusto. Poi ci sono le linguine al granchio o all’astice o ai frutti di mare, e i paccheri con pomodorini e gamberi.
Anche il pane è tutto fatto in casa e si presenta con la mollica soffice e la crosta croccante, come piace ai fiorentini, anche se si differenzia da quello tradizionale per una leggera presenza di sale. 

Ma nel menù non ci sono soltanto piatti di pesce e per la prossima stagione fredda vale la pena segnalare gli gnocchi alla sorrentina, conditi con mozzarella e pomodoro. La particolarità è che vengono serviti in un contenitore di coccio caldissimo ricoperto dalla pasta da pizza, in modo che la mozzarella resti filante fino alla fine.
E poi, infine, non vanno dimenticate le pizze, con i classici tre tipi di impasto: quello tradizionale, quello integrale e quello senza glutine. L’impasto tradizionale ha un piccolo segreto che lo rende particolarmente digeribile. Vi è infatti presente l’inulina, una fibra presente in vari vegetali, e in modo particolare nelle radici di cicoria, che ha importanti proprietà digestive.
Il locale è ampio, e ha una veranda utilizzata durante la bella stagione.  Le ragazze e i ragazzi responsabili del servizio ai tavoli sono sorridenti, cordiali e attenti, e i prezzi dei piatti sono contenuti. Insomma, in via Rocca Tedalda troviamo una buona cucina di pesce in un ambiente accogliente e alla mano, senza formalismi. A me queste sembrano tutte ottime ragioni per andare a provarlo. Che ne dite?

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Enjoy European Quality Food, gusta il meglio dell'Europa

1/29/2020

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Alcuni degli oli in degustazione
Esiste un progetto cofinanziato dall’Unione Europea che si chiama Enjoy European Quality Food, e che intende appunto promuovere la conoscenza e il consumo di vino, olio e formaggi a denominazione di origine, indicazione geografica e a STG (ossia Specialità Tradizionale Garantita) di provenienza comunitaria. Il progetto coinvolge cinque paesi (Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna) e prevede che i paesi partecipino con un paniere di prodotti, che per tre anni saranno i protagonisti di azioni promozionali volte a informare il consumatore finale e a renderlo consapevole dell’importanza di mettere in tavola prodotti di qualità certificata. Il paniere italiano è costituito dall’Associazione Olivicoltori Toscani (Apot), dal Consorzio Asti Docg, dal Consorzio Prosecco Docg, dal Consorzio Vino Nobile di Montepulciano Docg, dal Consorzio Provolone Valpadana Dop e infine dalla Latteria di Soligo. 
PictureDimostrazione di potatura negli oliveti dell'azienda Fanciulli, Dop Terre di Siena
Una delle azioni promozionali di Enjoy Europea Quality Food ha portato all’organizzazione – da parte dell’Unione Provinciali Agricoltori di Siena - di un tour per giornalisti alla scoperta dell’olio Dop Terre di Siena e dell’olio Dop Seggiano. La Dop Terre di Siena coinvolge un vasto territorio prevalentemente a sud della città, ed esclude i comuni come Radda, Gaiole e Castellina, o parte di essi come Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi, che invece insistono all’interno del territorio di produzione della Dop Chianti Classico. Per quanto riguarda invece la Dop Seggiano, il territorio comprende i comuni di Arcidosso, Castel del Piano, Castell’Azzara, Cinigiano, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano e Semproniano, tutti compresi nella provincia di Grosseto e situati alle pendici dell’Amiata. In quest’area, in una fascia altimetrica compresa tra i 200 e i 650 metri sopra il livello del mare, si trova la varietà di olivo denominata Olivastra Seggianese che secondo il disciplinare della Dop deve rientrare almeno all’85% nella composizione dell’extra vergine.

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Cappellacci ripieni di cime di rapa, piatto di Monika Filipinska, chef di Dievole
All’interno del tour si è svolto anche un momento di riflessione sull’extra vergine, sulle sue qualità organolettiche e salutistiche e sulle più moderne tecnologie estrattive che permettono di produrre extra vergine di elevata qualità. E’ stato il professor Maurizio Servili - del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia – a parlarne di fronte al pubblico di produttori, giornalisti e blogger. Servili conosce il mondo della produzione dell’olio a 360 gradi e ha dato la bella notizia che l’Università di Perugia ha deciso di aprire un corso di olivicoltura che partirà ad autunno prossimo presso il suo dipartimento. E’ una bella notizia per il nostro paese, che è il primo per produzione di extra vergine di qualità ma che al contempo non brilla certo per diffusione di conoscenze reali sull’olio tra i consumatori finali, che continuano a trovarsi di fronte a scaffali che propongono extra vergini con prezzi che variano tra i 3 e i 20 euro. E’ su questo versante che è necessario lavorare per far capire ai consumatori quali siano i costi reali della produzione dei un extra vergine di qualità e su quanto sia importante questo alimento all’interno della nostra dieta quotidiana. L’extra vergine non è un medicinale, ma Servili ricorda che il consumo quotidiano di un buon extra vergine fin da piccoli protegge dall’insorgenza di varie malattie in età adulta, prime tra tutte quelle cardio vascolari. E’ dunque importante che il consumatore capisca che investire 12-15 euro in una bottiglia di extra vergine fa bene al palato e fa bene al cuore, e per altro dura a lungo e non si esaurisce nel giro di uno o due pasti come una bottiglia di vino. E’ poi necessario che i consumatori sappiano anche come conservare la loro preziosa bottiglia di extra vergine, lontana da fonti luminose che sono le prime cause di deterioramento dell’olio, perché i processi di foto ossidazione lo deteriorano più del calore. 
PictureDue etichette Dop Terre di Siena: Fanciulli e La Crocetta
In un mondo diventato preda di false notizie che ci aggrediscono ovunque, diffondere nozioni anche basilari sull’extra vergine non è cosa banale, perché gli interessi in gioco sono enormi e quasi mai coincidono con quelli dei consumatori. Quindi ben venga il corso di olivicoltura dell’Università di Perugia e tutto quanto possa concorrere a creare una corretta informazione nel consumatore. Proprio a questo serve Enjoy European Quality Food, e dunque gustiamoci il cibo europeo di qualità.





​Per ulteriori informazioni sul progetto comunitario Enjoy European Quality Food visita il sito:
eeqf.eu

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Al via il I Concorso Internazionale del Vermentino

1/10/2020

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Gli Anni Venti appena iniziati saranno quelli del Vermentino? E’ probabile, visto il successo che questo vitigno sta riscuotendo. Se non si conosce con esattezza la sua terra d’origine, è invece certo che il Vermentino come lo conosciamo oggi ha avuto la sua culla tra Liguria, Alta Toscana, Sardegna e Corsica. Vino caratterizzato da una splendida sapidità, oggi il Vermentino è declinato in mille sfumature diverse e viene coltivano in molte parti del mondo. In Francia, dove veniva chiamato Picobon, hanno impiantato migliaia di ettari a Vermentino – soprattutto tra Provenza e Languedoc Roussillon - e hanno optato per il nome italiano, assai più conosciuto a livello internazionale, tanto che gli americani ormai sanno anche pronunciarlo quasi correttamente.
E proprio al Vermentino è dedicato un Concorso Enologico Internazionale le cui fasi finali si svolgeranno a Cagliari il 17 e il 18 febbraio prossimo. Il Mininstero delle Politiche Agricole ha affidato ufficialmente all’associazione APS Promo Eventi l’organizzazione del concorso, patrocinato dalla Regione Sardegna e in collaborazione con l’Assoenologi Sezione Sardegna. Sul sito www.concorsovermentino.com si trovano tutte le informazioni per partecipare al concorso, e le adesioni devono pervenire entro il 28 gennaio prossimo. Sono ammesse praticamente tutte le tipologie di Vermentino, a quello fermo a quello frizzante e spumante, purché rientrino in denominazione di origine o indicazione geografica, riportino la dicitura Vermentino in etichetta e contengano almeno l’85% del vitigno.
L’organizzazione si attende l’arrivo di circa 300 campioni, la maggior parte da Italia e Francia, ma anche da Australia, America, Sud Africa e Bulgaria. 

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Street By Il Vecchio e Il Mare

12/19/2019

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Lo street food è uno dei settori della moderna ristorazione che più sta crescendo in questi ultimi anni. A me per la verità piace ancora chiamarlo “cibo di strada”, perché l’espressione inglese non riesce a esprimere la sua forte connotazione antropologica. Il cibo di strada è praticamente quasi sempre esistito, ma nell’ultimo decennio è uscito da quella sorta di bolla che lo relegava a fenomeno marginale e spesso collegato a fiere e manifestazioni per diventare una espressione della modernità e parte integrante della vita di tutti noi. Insomma, il cibo di strada “è diventato grande” perché ha capito che per crescere doveva necessariamente imboccare la strada della qualità. 
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Il team, accovacciati Mario Cipriano e Pasquale Naccari
L’offerta fiorentina di cibo di strada è ormai molto ampia, e da pochi giorni vanta un nuovo locale in via Fra Paolo Sarpi all’angolo con via Gioberti, che si chiama “Street by Il Vecchio e il Mare”. Dal nome è facile capire che gli animatori di questo nuovo luogo dedicato al cibo di strada sono i titolari dell’omonimo ristorante – sempre in via Gioberti – che ha saputo unire le due tradizioni della cucina di mare e della piazza. Il Vecchio e il Mare nasce nel 2007 dalla volontà di Pasquale Naccari, nativo di Tropea e approdato a Firenze per seguire i corsi della Facoltà di Giurisprudenza. Esattamente dieci anni dopo, nel 2017, a Pasquale si unisce Mario Cipriano, di origini campane ma cresciuto a Trieste e da anni ormai in Toscana. Mario Cipriano è uno dei maestri italiani della pizza napoletana, insignito due anni fa dei 3 Spicchi del Gambero Rosso. 
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La pizza in teglia
Ed è proprio la pizza – in teglia stavolta e cotta in forno elettrico – una delle protagoniste dell’offerta di cibo di strada del nuovo locale che si trova all’angolo con via Fra Paolo Sarpi. Insieme alla piazza troverete la focaccia di Recco, la pizza al vapore, la schiacciata, le focaccine tonde, le pizzette sfogliate e la cecina. La selezione dei prodotti per le farciture è rigorosa, e alcuni di questi – come la Bufala Campana Dop del Casolare e i Pomodori di Virtuna 1934 – sono anche in vendita. Si può decidere se mangiare all’interno del locale oppure acquistare e portare a casa. Birre artigianali e vini al bicchiere accompagnano il pasto, e per il momento dell’aperitivo si possono anche degustare calici di spumante e di champagne. In questo periodo natalizio si può anche acquistare il panettone artigianale di Mario Cipriano, prodotto in edizione limitata.
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La focaccia con la burrata
Il locale è semplice e informale, come si conviene a un luogo riservato al cibo di strada, e offre la vista della preparazione delle pizze e delle focacce farcite. Ed è bello ammirare le mani laboriose del giovane team di Street by Il Vecchio e il Mare comporre le acciughe sulla pizza napoletana o disporre la burrata sulla focaccia di Recco.
 
Street by Il Vecchio e il Mare
Via Paolo Sarpi 2r, angolo via Gioberti
Aperto dal lunedì al sabato dalle 10 alle 21

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Il Muretto del Nizza

3/20/2019

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Moasca (credit Comune di Moasca)
Avete mai visitato Moasca nel Monferrato? E' un bellissimo borgo dominato da un possente maniero che domina le colline vitate protette dall'Unesco. Proprio la protezione Unesco, arrivata nel 2014, impone un'attenzione al territorio che il sindaco di Moasca Andrea Ghignone ha preso molto sul serio. L'anno scorso infatti ha deciso di abbattere la torre dell'acqua che si trovava proprio a ridosso del castello, che ospita anche un ristorante che propone un ottimo esempio di cucina locale. Al posto della torre dell'acqua, sta per sorgere il Muretto del Nizza, dedicato chiaramente a tutti i produttori del Nizza Docg, da molti chiamato la "super Barbera". Il Muretto del Nizza sarà il punto di partenza di un percorso enoturistico che porterà a immergersi nei vigneti delle due aziende del Comune, che stanno approntando due punti di degustazione che accoglieranno i turisti. Il Gal Terre  Astigiane ha finanziato il percorso tramite il programma Leader, e i lavori saranno ultimati entro la fine di giugno. Sul muretto delle mattonelle in ceramica riporteranno tutte le etichette di Nizza Docg prodotte dalle aziende che fanno parte dell'Associazione Produttori del Nizza. In questo modo, i turisti potranno prendere conoscenza con i tanti produttori di questo vino che sta vivendo un'ascesa costante sui mercati. 
A me pare una bella iniziativa, perché non solo va a riqualificare il borgo antico di Moasca e i dintorni del castello, ma perché va incontro a quelle che sono le esigenze del turismo slow, che cerca sentieri inediti e luoghi dove è veramente possibile entrare in contatto con la comunità locale e con i prodotti agroalimentari che nascono dal territorio. Il vino è senza dubbio il prodotto principe di questo turismo lento, attento e intelligente, che non si muove mai in  massa e ama i silenzi accompagnati dai suoni della natura. 
Il riconoscimento Unesco alle Colline del Monferrato sta creando un circuito virtuoso fatto di cantine e di altre produzioni locali come il salame cotto, di piccoli ristoranti nel verde con menù costruiti su prodotti a filiera corta e di agriturismi, B&B e alberghi dove l'ospitalità è personalizzata e anch'essa permeata dai sapori del luogo.
Un fine settimana a Nizza Monferrato, a Moasca, a Mombaruzzo (celebre per i suoi amaretti) e negli altri borghi regala scoperte infinite e anche grandi emozioni.
Potrete partire dal Muretto del Nizza, per poi magari approdare nella bella Enoteca Regionale La Signora in Rosso a Nizza Monferrato per assaggiare i vini e i piatti del territorio. Parlate con i produttori, ascoltate le loro parole appassionate dalle quali emerge quella caparbietà tutta piemontese che li ha resi capaci di fare con le uve Barbera un grande vino, che si chiama semplicemente Nizza Docg.
Il Muretto del Nizza sarà presentato ufficialmente al Castello di Moasca il 30 marzo prossimo alle ore 18 alla presenza del sindaco Andrea Ghignone, dell’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero, del presidente dell’Associazione Produttori del Nizza Gianni Bertolino e del presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Filippo Mobrici.


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Fiammae, il nuovo vino di casa Gondi

2/14/2019

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La bottiglia di Fiammae, Sangiovese in purezza
E' sempre una gioia assistere al battesimo di un nuovo vino, ma questa è per me un'occasione speciale. Perché Gerardo e Lapo Gondi io li ho visti crescere e ho assistito con molta felicità alla loro decisione di entrare a far parte dell'azienda di famiglia, quella Tenuta Bossi in Chianti Rufina proprietà dei Gondi dal 1592. Figli di Bernardo e Vittoria, Gerardo e Lapo affiancano ormai da qualche anno il padre e la zia Donatella nella conduzione della tenuta, e non potevano certo starsene fermi e limitarsi a seguire i vini già "in carta" alla Tenuta Bossi. Innamorati entrambi del Sangiovese ma con due visioni assai diverse in materia di vinificazione del vitigno, hanno espresso le loro idee all'enologo Fabrizio Moltard che ha saputo coniugarle e interpretarle. Così è nato Fiammae, un vino a Igt Rosso Colli della Toscana Centrale composto con sole uve Sangiovese provenienti da un vigneto aziendale situato a 300 metri di altitudine ed esposto a sud est. Dov'è la novità?, vi chiederete. La novità la spiega direttamente Lapo: "Quando nel 2015 Gerardo ed io abbiamo deciso di «metterci alla prova» con un nuovo vino, ci siamo subito resi conto di avere visioni diverse del Sangiovese. Lui aveva in mente un vino fresco ricco di profumi primari mentre io volevo un vino più potente e austero. Avendo noi due visioni diverse, il nostro enologo Fabrizio Moltard, con la sua lunga esperienza, ci ha aiutati a fondere, sapientemente, le nostre due anime e a dare vita a Fiammae." 
Fiammae dunque nasce con una doppia anima (e da questo il nome latineggiante al plurale) e si traduce nell'appassimento di metà delle uve per circa un mese, mentre l’altra metà viene vinificata subito. Le uve vengono poi fermentate in barrique e messe ad affinare separatamente in barrique di rovere francese. Per le uve fresche è stato scelto un legno di media tostatura, mentre per quelle appassite si è preferito utilizzare una barrique dalle note più austere e potenti. Terminati i 18 mesi di affinamento, il vino viene assemblato e imbottigliato. La commercializzazione inizia  dopo un ulteriore affinamento in bottiglia di 12 mesi.
La prima annata di Fiammae è il 2016 ed è Gerardo a spiegarne il nome: “Le fiamme ricorrono spesso nella nostra famiglia perché sono il logo del Banco Gondi e il Sangallo le volle raffigurare su alcuni bassorilievi lungo lo scalone principale del palazzo. Inoltre, mia figlia si chiama Fiammetta, un nome di famiglia. Ma sono anche le fiamme che rappresentano la passione che mio fratello ed io abbiamo per il vino”.
Dunque, benvenuto Fiammae e congratulazioni ai due giovani produttori. E tanti complimenti anche a babbo Bernardo che ha dato a Gerardo e Lapo la possibilità di esprimere le proprie ambizioni in questa nuova etichetta. 


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L'etichetta di Fiammae
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Il Nizza riconosciuto Docg anche dall'UE

2/13/2019

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Le bellissime colline vitate del Nizza
“Questo è l’ultimo atto di un lungo iter che ha visto come protagonisti tutti i produttori del Nizza Docg, uniti nella consapevolezza di avere un grande vino, che aveva diritto ad avere una propria denominazione di origine controllata e garantita”. Queste le parole con le quali il presidente dell’Associazione Produttori del Nizza Gianni Bertolino ha commentato l’appena avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del riconoscimento comunitario del Nizza Docg. Bertolino ricorda tutte le tappe di questo lungo iter, da quell’anno 2000 che, grazie all’opera di un primo nucleo di produttori, vide la nascita della sottozona Nizza all’interno della denominazione Barbera d’Asti Superiore. Ma quei produttori sapevano perfettamente che questo era solo il primo passo, perché il fine ultimo condiviso da tutti era appunto quello di ottenere una denominazione propria.
“E’ stato un percorso lunghissimo – ricorda ancora Bertolino – e forse nessun’altra denominazione italiana ha dovuto attendere così tanto, ma ne è valsa la pena. La Docg Nizza è finalmente arrivata con la vendemmia 2014 e le prime bottiglie sono uscite a partire dal 1° luglio del 2016. Grazie ai nostri sforzi, alla tanta comunicazione fatta e al grande favore ricevuto fin dall’inizio da parte della stampa specializzata nazionale e internazionale, il Nizza Docg è ormai considerato da tutti una realtà ben definita.”
Il primo presidente dell’Associazione, fondata nel 2002, è stato Michele Chiarlo, che oggi si dichiara “soddisfattissimo, abbiamo faticato tanto ma abbiamo ottenuto quello che meritavamo. Adesso il Nizza Docg passa dalla porta principale e può andare avanti sicuro sulla sua strada”.
Anche Gianluca Morino, che ha retto l’Associazione come presidente per ben tre mandati dal 2005 al 2014, esprime tutta la sua soddisfazione: “Mi auspico che il riconoscimento europeo sia il punto di partenza per un’autonomia forte del Nizza Docg, che si fonda sulla coesione dell’Associazione”.
Mauro Damerio, presidente dal 2014 dell’Enoteca Regionale del Nizza, si unisce alla gioia dei produttori: “Ho vissuto fianco a fianco dei produttori questi ultimi cinque anni di attesa, ma sapevamo che questo era l’unico punto di arrivo possibile. Adesso tutti noi possiamo continuare a lavorare con serenità”.
Infine, Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, si congratula con i produttori sottolineando che “il Consorzio e le aziende hanno dato il massimo per ottenere questo importante riconoscimento, frutto di un complesso e articolato lavoro che oggi ha consentito al Nizza di fregiarsi di un marchio di qualità garantita riconosciuto in tutto il mondo”.
​Il riconoscimento dell’Unione Europea (che pone fine al regime di etichettatura transitoria previsto in questi casi) dunque dà ufficialità a un vino già ampiamente riconosciuto dai mercati e molto apprezzato dai consumatori. Ne sono conferma la crescita esponenziale degli ultimi anni nel numero dei vigneti rivendicati a Nizza Docg (oggi sono circa 200 su un potenziale stimato di 720) e delle bottiglie prodotte, che con la vendemmia 2018 raggiungono quasi il mezzo milione di unità. Le aziende associate ormai sono 60 e la loro determinazione ha fatto nascere, nel 2018, la Mappa del Nizza realizzata da Enogea di Alessandro Masnaghetti, frutto di un lavoro che si è svolto nell’arco di tre anni e che ha dato vita a uno strumento scientifico per l’individuazione chiara dei cru del territorio.
Il 2019 si è dunque aperto alla grande per tutti i produttori del Nizza Docg, e Bertolino conclude rivendicando il lavoro svolto da quel folto gruppo di vignaioli che “ha lavorato incessantemente per quasi un ventennio al riconoscimento dell’unicità dei propri vigneti.”
E allora, W il Nizza Docg e, per favore, chiamiamolo semplicemente così.

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Gianni Bertolino, presidente dell'Associazione Produttori del Nizza
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Pellegrino espone l'archivio Ingham-Whitaker

1/28/2019

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La sala dell'archivio nelle Cantine Pellegrino
Questa è proprio una bella notizia per il mondo della cultura e per quello del vino italiano. Le Cantine Pellegrino di Marsala hanno deciso di esporre, in una stanza dedicata, l’archivio Ingham-Whitaker, che prende il nome dalle celebri famiglie inglesi che hanno fatto la storia del Marsala. L’archivio è composto da 110 volumi che vanno dal 1814 al 1928, quasi cento anni dunque che narrano le fortune del Marsala e documentano i fitti rapporti commerciali degli imprenditori con l’Italia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America.
I volumi raccolgono lettere commerciali e d’affari, ma ci sono anche lettere più personali indirizzate ai vari componenti della famiglia. Dichiarato di “notevole interesse storico” dalla sovrintendenza ai Beni Archivistici della Sicilia nel 1985, l’Archivio è passato nelle mani della Pellegrino grazie all’incontro tra Pietro Alagna – presidente della Pellegrino – e Manfredo Pedicini, l’ultimo rappresentante della stirpe inglese. Pedicini decise di donare ad Alagna, nipote di Paolo Pellegrino, l’intero archivio, in modo da poterlo mantenere unito e custodito con cura. Ed è grazie a Pietro Alagna che l’archivio è arrivato intatto fino a noi, e oggi è esposto all'interno delle cantine di Marsala in una sala deumidificata e riparata dalla luce per difendere i volumi dagli agenti atmosferici. I visitatori possono ammirarlo ma la consultazione naturalmente è riservata agli studiosi. C’è da augurarsi che un giorno l’archivio possa essere pubblicato se non nella sua interezza almeno in parte. 

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I vini di Brunetta e co.

1/15/2019

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Renato Brunetta, foto Sandro Mchaelles
Durante l’ultima edizione di Pitti Uomo a Firenze, sono stata invitata a una degustazione di etichette prodotte dai così detti VIWP, vale a dire dai very important wine people. Ma chi sono queste persone importanti produttori di vino? Cantanti, attori, politici, giornalisti e sportivi. In altre parole, tanto per fare i nomi: Carole Bouquet, Andrea Bocelli, Francesco Moser, Sting e Trudie Styler, Jarno Trulli, Renzo Rosso (Diesel), Giovanni Bulgari, Renato Brunetta, Massimo D’Alema e Bruno Vespa. La degustazione si è tenuta presso lo studio fotografico di Sandro Michaelles, autore dei ritratti dei produttori, ed era organizzata dal collega Riccardo Gabriele e dal suo team di PR Comunicare il vino.
PictureFrancesco Moser, foto Sandro Michaelles
Iniziamo subito dai vini che mi sono piaciuti. Prima di tutto va detto che al mio palato i vini bianchi e le bollicine sono risultati in assoluto assai più gradevoli dei rossi. Buono lo spumante Trento Doc 51,151 prodotto da Francesco Moser con una selezione di uve Chardonnay. Il nome del vino chiaramente omaggia il record dell’ora ottenuto dal nostro grande ciclista a Città del Messico nel 1984. Buono anche il Moscato giallo di Moser, anche se non è certo un vino facile da capire e da abbinare.
Gradevole lo spumante rosé prodotto in Umbria nella tenuta La Madeleine da Massimo D’Alema e dalla moglie Linda. Solo che il nome non si può proprio pronunciare: Nerosé. E’ evidente che voglia far capire che lo spumante è prodotto con Pinot Nero, ma insomma, mi pare un nome decisamente bruttino.  

Mi è piaciuto poi il bianco di Jarno Trulli, la cui azienda Podere Castorani si trova in Abruzzo in provincia di Pescara. Si tratta infatti di un Igt Colline Pescaresi prodotto con uve Trebbiano d’Abruzzo, Malvasia e Cococciola. Le uve sono o surmaturate in pianta oppure leggermente appassite, e dunque il vino va pensato – come suggeriva il mio collega Riccardo Margheri – in abbinamento a un formaggio a pasta dura un po’ stagionato più che insieme a piatti di pesce o carne bianca.

Notevole – senza alcun dubbio – il Passito di Pantelleria prodotto da Carole Bouquet: fresco, vellutato, persistente, tutto il contrario da quei “passitoni” noiosi e piatti che capita di degustare. Questo è veramente un vino piacevole da sorseggiare anche da solo senza particolari abbinamenti perché la sua freschezza basta a sé stessa. Anche in questo caso suggerirei un cambiamento di nome, perché quel Sangue d’Oro che probabilmente allude al sole di Pantelleria mi pare un po’ opprimente e pretenzioso. Preferisco la raccolta di poesia “Sangue e Oro” di André Ady, il poeta nazionale ungherese che ho studiato all’epoca dell’università. 
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Carole Bouquet, foto Sandro Michaelles
Ma c’è un altro vino bianco che mi è piaciuto, e siccome in questo caso sono riuscita a parlare a lungo con il produttore, ho deciso di dedicare più spazio a questa azienda laziale, a sud di Roma, che si chiama Capizucchi. Il produttore che ho conosciuto è Dario Diana ed è il figlio di Tommasa Giovannoni, ossia la moglie dell’onorevole Renato Brunetta. Il nome del vino Mater Divini Amoris fa riferimento all’omonimo santuario che si trova nelle prossimità dell’azienda e si tratta di una Malvasia del Lazio in purezza senza alcun invecchiamento in legno. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un vino fresco, gradevolmente agrumato e molto facile da bere. Non è un vino importante, ma è un vino assai ben fatto, e questa non è una cosa da poco secondo me. Sono stata colpita dalla semplicità e dalla passione con le quali Dario mi ha raccontato dei suoi 25 ettari di vigna impiantati da pochi anni nell’Agro romano.
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Dario e la sorella Serana, la madre Tommasa e Renato Brunetta, foto Sandro Michaelles
Lui non viene da scuole specifiche, ha come si suol dire iniziato sul campo e se ne è innamorato. E’ stato bello sentirgli dire: “Vorrei tornare a stare in vigna tutto il giorno, ogni vite è come un piccolo figlio”. Invece adesso Dario è impegnato a promuovere i suoi giovani vini, che sono già stati presentati alla scorsa edizione di Vinitaly. L’azienda produce varie etichette, tra le quali anche il blend Montepulciano d’Abruzzo Cabernet Sauvignon che porta il medesimo nome del vino bianco, ossia Mater Divini Amoris. In questo caso, pur trattandosi un vino più che corretto, la giovinezza dei vigneti si sente e quindi diventa difficile giudicare il vino oggi. Bisognerà attendere qualche anno per capire quanto i due vitigni riescano a esprimersi in un terreno vulcanico e in un microclima caratterizzato da forti sbalzi di temperatura che senza dubbio aiutano non poco le uve e sviluppare profumi. Il terreno dona mineralità ai vini, e nel bianco che ho degustato la mineralità e la sapidità erano ben presenti e sono entrambe caratteristiche a me ben gradite. Il goal aziendale è comunque quello di diventare i primi produttori di spumante laziale, ma anche per le bollicine bisognerà aspettare, anche perché non tutti i 25 ettari impiantati sono attualmente in produzione. Un’azienda giovane, dunque, che Dario dice essere molto amata da Renato Brunetta, da sempre appassionato di vini. Mi sono permessa di dire a Dario che difficilmente concordo con le idee politiche di Brunetta (in pratica quasi mai), ma grazie a questa degustazione ho trovato un punto di incontro anche con lui, e i punti di incontro sono sempre positivi. 
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Nasce il club dei  ristoranti amici del Chianti Classico

12/13/2018

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La vetrofania del Chianti Classico al Golden View di Firenze. www.patriziacantini.it
Il Consorzio Chianti Classico ha presentato una nuova iniziativa promozionale riservata al mondo della ristorazione. Con “Gli amici del Chianti Classico” il Consorzio intende non soltanto premiare quei ristoranti che si distinguono per l’ampia scelta di etichette della denominazione in carta, ma anche avvicinare sempre di più il mondo della ristorazione a quello dei produttori, per creare sinergie virtuose. L’iniziativa è stata presentata al ristorante Golden View di Firenze mercoledì 12 dicembre, alla presenza del presidente del Consorzio Giovanni Manetti, della direttrice Carlotta Gori, della PR & Comminication manager Silvia Fiorentini e del marketing manager Gerardo Giorgi. 
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Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Chianti Classico. www.patriziacantini.it
L’azione fa parte dell’obiettivo che il presidente Manetti si è posto all’inizio del suo mandato, ossia quello di valorizzare ulteriormente la denominazione, e rafforzare il rapporto con i ristoratori rientra a pieno titolo in questo obiettivo. Il primo passo compiuto dal Consorzio per poter eleggere i primi ristoranti amici è stato quello di affidare all’agenzia 2night una sorta di mappatura delle carte dei vini dei ristoranti di Firenze, di Siena e del territorio di produzione del Chianti Classico. L’indagine ha evidenziato come il Chianti Classico rappresenti tra il 25 e il 30% di tutti i vini rossi toscani presenti nelle carte dei vini dei ristoranti presi in esame. Ci sono anche esempi virtuosi di ristoranti che offrono alla propria clientela una scelta tra 250 etichette di Chianti Classico, come pure ristoranti che hanno una sezione dedicata a questo vino nella propria carta. Da questa analisi sono stati stabiliti i criteri per entrare nel circolo degli amici del Chianti Classico, e a ora i ristoranti prescelti sono 53, dei quali 15 a Firenze, 12 a Siena e 26 nel territorio. 
PictureCarlotta Gori e Gerardo Giorgi. www.patriziacantini.it
A ogni ristorante viene dato un kit con benefit di riconoscimento ma, soprattutto ogni locale entra a far parte – come sottolineato dalla direttrice Gori – del circuito promozionale del Chianti Classico.
L’iniziativa sarà ripetuta nel 2019 a Milano e quindi in altre città italiane logisticamente importanti per i produttori del Chianti Classico. Per quanto riguarda l’estero, il Consorzio invece già da anni elegge degli ambasciatori (in genere sommelier o addetti agli acquisti di vino nei ristoranti, oltre che giornalisti) che diventano dei veri e propri portavoce della denominazione nel proprio paese. 

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