Le anfore, come tutti sanno, sono il più antico contenitore da vino e vennero usate dai primi produttori per poi arrivare ai greci e ai romani. La particolarità della terracotta è quella di non alterare le caratteristiche organolettiche del vitigno utilizzato e dunque di preservarne gli aromi primari. La tecnica si sta diffondendo sempre di più e nel nostro paese sono stati i friulani a utilizzarla per primi. Oggi possiamo trovare anfore in molte cantine e uno dei maggiori sostenitori di questa tecnologia è Antonio Arrighi, produttore all’isola d’Elba, nell’omonima azienda di Porto Azzurro.
Arrighi e Parisi collaborano ormai da anni e proprio le anfore che nascono all’Impruneta sono protagoniste di quello che doveva essere soltanto un esperimento e che poi invece si è trasformato in un vino vero e proprio che viene prodotto ogni anno in un numero estremamente limitato di bottiglie. Il suo nome è Nesos, e la sua storia è estremamente affascinante.
Il risvolto mediatico ottenuto da Nesos è stato talmente grande da spingere Arrighi a continuare a produrlo e con la vendemmia 2021 la produzione dovrebbe aggirarsi intorno alle 300 bottiglie che vengono vendute a 200 euro ciascuna. Il vino è prodotto con sole uve Ansonica, che dopo il primo esperimento vengono immerse in mare solo per 3 giorni, perché il sale attacca molto velocemente la pruina. Una volta recuperate dalle acque del mare di Porto Azzurro, le uve non vengono asciugare e sono lasciate ad appassire al sole distese su stuoie. Si tratta di un appassimento breve per ottenere non un vino dolce come quello di Chio ma un vino secco. Dopo l’appassimento gli acini, private dei raspi, vengono pigiati e quindi immessi nelle anfore di Artenova e lasciati con le bucce fino a primavera. Il vino viene quindi svinato e regolarmente imbottigliato.