
Ieri 24 maggio, insieme ad alcuni colleghi dell'Aset (l'Associazione stampa enogastroagroalimentare toscana), sono andata a potare le viti a Montevertine, la splendida azienda nota in tutto il mondo per le sue Pergole Torte, il primo caso eclatante di vino prodotto con sole uve Sangiovese.
Forse dire "potare le viti" è un po' eccessivo, diciamo che Martino Manetti e il fattore Bruno ci hanno spiegato come si potano le viti. La cosa più eccitante - al di là di essere per una volta in campagna e non davanti al computer - è stato capire che non esiste un metodo uguale per ogni pianta, perché ogni vite è diversa e presenta una vigoria tutta sua.
Per le viti, esattamente come per le persone, bisogna ogni volta porsi con occhi nuovi. Bisogna osservare quanti grappoli per ogni tralcio, quante foglie, e volta per volta giudicare cosa e quanto sacrificare. Bruno naturalmente non ci ha lasciato mai soli, e ha fatto bene. Il suo sguardo era un po' preoccupato, perché avere in vigna 5 giornalisti incompetenti (almeno in fatto di potatura) è una responsabilità, per le viti e non certo per i giornalisti.
Noi ci siamo subito resi conto del rischio e quindi ce ne siamo guardati bene dal togliere anche solo una piccola foglia senza che prima lui o Martino ci abbiano dato l'ok.
Ma è stato bello vedere che anche in un lasso di tempo breve qualcosa si può capire: non si devono togliere le foglie dopo il grappolo; se ci sono più grappoli nello stesso tralcio va sacrificato quello più stento, che normalmente nasce più lontano dalla pianta e che da questa necessariamente riceverà meno nutrimento. Le piante più giovani producono meno e hanno meno bisogno di potatura, quelle più vecchie invece devono essere osservate attentamente, cercando di infilare le mani tra i tralci e i piccoli grappoli per giudicare e poi decidere.
Grande esperienza, che è culminata con un sontuoso pasto introdotto da foglie di salvia fritte con acciughina all'interno, vassoio di salumi di produzione propria con un prosciutto insuperabile, pappardelle del sul capriolo e capriolo in umido e schiacciata con l'uva (a Montevertine congelano un po' d'uva per poter fare la schiacciata tutto l'anno).
Grazie a Liviana e Martino Manetti, grazie a Bruno e a sua moglie cuoca sopraffina e grazie anche al capriolo, che per aver osato entrare nei vigneti di Montevertine è stato sacrificato a tutto nostro vantaggio.
Forse dire "potare le viti" è un po' eccessivo, diciamo che Martino Manetti e il fattore Bruno ci hanno spiegato come si potano le viti. La cosa più eccitante - al di là di essere per una volta in campagna e non davanti al computer - è stato capire che non esiste un metodo uguale per ogni pianta, perché ogni vite è diversa e presenta una vigoria tutta sua.
Per le viti, esattamente come per le persone, bisogna ogni volta porsi con occhi nuovi. Bisogna osservare quanti grappoli per ogni tralcio, quante foglie, e volta per volta giudicare cosa e quanto sacrificare. Bruno naturalmente non ci ha lasciato mai soli, e ha fatto bene. Il suo sguardo era un po' preoccupato, perché avere in vigna 5 giornalisti incompetenti (almeno in fatto di potatura) è una responsabilità, per le viti e non certo per i giornalisti.
Noi ci siamo subito resi conto del rischio e quindi ce ne siamo guardati bene dal togliere anche solo una piccola foglia senza che prima lui o Martino ci abbiano dato l'ok.
Ma è stato bello vedere che anche in un lasso di tempo breve qualcosa si può capire: non si devono togliere le foglie dopo il grappolo; se ci sono più grappoli nello stesso tralcio va sacrificato quello più stento, che normalmente nasce più lontano dalla pianta e che da questa necessariamente riceverà meno nutrimento. Le piante più giovani producono meno e hanno meno bisogno di potatura, quelle più vecchie invece devono essere osservate attentamente, cercando di infilare le mani tra i tralci e i piccoli grappoli per giudicare e poi decidere.
Grande esperienza, che è culminata con un sontuoso pasto introdotto da foglie di salvia fritte con acciughina all'interno, vassoio di salumi di produzione propria con un prosciutto insuperabile, pappardelle del sul capriolo e capriolo in umido e schiacciata con l'uva (a Montevertine congelano un po' d'uva per poter fare la schiacciata tutto l'anno).
Grazie a Liviana e Martino Manetti, grazie a Bruno e a sua moglie cuoca sopraffina e grazie anche al capriolo, che per aver osato entrare nei vigneti di Montevertine è stato sacrificato a tutto nostro vantaggio.