
Sui quotidiani e i settimanali si moltiplicano gli articoli che parlano dell'espandersi del fenomeno dei ristoranti in casa. Tra Londra e New York ce ne sono sempre di più, e c'è da credere che tra un po' appariranno sulle guide, oppure se ne farà una guida a parte. Anche in Italia i ristoranti "pirata" non mancano, solo che da noi la legislazione evidentemente è più severa e la lobby dei ristoratori è più forte. In Cina invece la moda è quella di affittare un ristorante e cucinarvi in proprio invitando amici e colleghi di lavoro.
Il fenomeno è interessante e merita una riflessione. Senza dubbio la crisi economica che ha colpito tutto il mondo occidentale è alla base di buona parte di questo movimento che sposta i consumi dai ristoranti alle case private, dove per altro si può in alcuni casi cenare con gli ospiti mentre in altri si viene accolti in tavoli singoli esattamente come se fossimo in un locale pubblico. Ma la crisi economica non può spiegare tutto, perché la voglia di casa e di cucina familiare è un fatto che non può essere smentito e tanto meno sottovalutato. Forse le guide hanno troppo pompato la cucina moderna, destrutturata, molecolare o qualunque essa sia. Forse anche in materia di cibo siamo andati troppo in là, come nel caso della finanza creativa. E quindi anche la cucina creativa sta venendo a noia: ce n'è troppa sui giornali e in televisione. Vogliamo parlare degli chef? Anche tra loro qualcosa sta cambiando: dopo i suicidi per la perdita delle stelle, gli abbandoni delle stelle e i ritiri a vita privata, forse qualcuno incomincia a chiedersi se la cucina eletta a opera d'arte non sia un eccesso tipico della schizofrenia moderna. Un piatto, per quanto ben costruito e ottimo al palato, non può essere considerato un'opera d'arte, e gli chef non sono né pittori né scultori, sono soltanto dei maestri del loro mestiere. Non è un caso che lo scorso Natale su molti giornali sono apparse interviste ai grandi cuochi internazionali che alla fatidica domanda "Quale è il piatto del tuo cuore" hanno risposto ritirando fuori le ricette delle mamme, delle nonne e anche dei padri. Forse anche loro vorrebbero andare a cena a casa di qualche signora inglese ancora in grado di fare un buon stufato. Se qualcuno volesse venire da me gli proporrei i ravioli di pasta verde con spinaci e ricotta conditi con un buon ragù di carne cotto tre ore, come quello di mia madre e della mia nonna.
Il fenomeno è interessante e merita una riflessione. Senza dubbio la crisi economica che ha colpito tutto il mondo occidentale è alla base di buona parte di questo movimento che sposta i consumi dai ristoranti alle case private, dove per altro si può in alcuni casi cenare con gli ospiti mentre in altri si viene accolti in tavoli singoli esattamente come se fossimo in un locale pubblico. Ma la crisi economica non può spiegare tutto, perché la voglia di casa e di cucina familiare è un fatto che non può essere smentito e tanto meno sottovalutato. Forse le guide hanno troppo pompato la cucina moderna, destrutturata, molecolare o qualunque essa sia. Forse anche in materia di cibo siamo andati troppo in là, come nel caso della finanza creativa. E quindi anche la cucina creativa sta venendo a noia: ce n'è troppa sui giornali e in televisione. Vogliamo parlare degli chef? Anche tra loro qualcosa sta cambiando: dopo i suicidi per la perdita delle stelle, gli abbandoni delle stelle e i ritiri a vita privata, forse qualcuno incomincia a chiedersi se la cucina eletta a opera d'arte non sia un eccesso tipico della schizofrenia moderna. Un piatto, per quanto ben costruito e ottimo al palato, non può essere considerato un'opera d'arte, e gli chef non sono né pittori né scultori, sono soltanto dei maestri del loro mestiere. Non è un caso che lo scorso Natale su molti giornali sono apparse interviste ai grandi cuochi internazionali che alla fatidica domanda "Quale è il piatto del tuo cuore" hanno risposto ritirando fuori le ricette delle mamme, delle nonne e anche dei padri. Forse anche loro vorrebbero andare a cena a casa di qualche signora inglese ancora in grado di fare un buon stufato. Se qualcuno volesse venire da me gli proporrei i ravioli di pasta verde con spinaci e ricotta conditi con un buon ragù di carne cotto tre ore, come quello di mia madre e della mia nonna.
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