
Peccato che Curzio Maltese lo abbia scritto solo adesso, sul “Venerdì” del 1° marzo, che “urge un po' di cultura”. Nel suo ultimo “Contromano” il giornalista parla dello squallore della passata campagna elettorale, a suo dire la peggiore mai vista. Ne ricorda i momenti più inquietanti e poi, tirando le fila del suo discorso, ammette che tutto questo si è verificato per l'abbassamento della cultura generale. E scrive: “Non sappiamo pensare in maniera complessa, quindi non sappiamo neppure più produrre in maniera moderna. Più della metà degli italiani, sostiene un grande studioso come Tullio De Mauro, sono da considerare analfabeti. Per trovare nelle classifiche Ocse un paese che legge di meno e capisce di meno il poco che legge, occorre scendere ai livelli di alcune aree dell'America Latina, le più povere. E' una tragedia antica, sulla quale è calato come una mannaia il ventennio berlusconiano: oggi chi invoca investimenti nella cultura è considerato un parassita o uno snob. Invece la cultura è l'unica possibile leva per creare un paese più giusto, per rimettere in moto una società di caste dove la nascita decide al novanta per cento il futuro di un ragazzo”.
Peccato, dicevo, che Maltese abbia scritto questo soltanto adesso. Ma anche i suoi colleghi, in generale, non hanno certo brillato negli ultimi anni nel parlare della necessità di cultura. Ricordate l'unico dei nostri politici che invece di cultura ha parlato molte volte? Si chiama Matteo Renzi, ed è stato – in procinto delle primarie – snobbato da molti, e da molti temuti come il nuovo di cui per principio è bene diffidare.
Al di là di Matteo Renzi, chi mi conosce sa che da mesi sostengo che l'Italia oggi ha bisogno di intellettuali più che di politici. Perché la cultura è la sola che ci può ridare il senso delle cose. La cultura è quella che ci fa trovare gli scopi all'interno di una vita necessariamente limitata e necessariamente destinata a finire. La cultura è l'unica in grado di riportarci a quel concetto circolare del tempo dell'uomo che invece la società consumistica ha trasformato in un tempo orizzontale, tutto diritto. Il tempo orizzontale significa che la vita umana scorre in un'unica direzione: vietato invecchiare, vietato stancarsi, vietato perdersi in sogni e desideri. Si va dritti alla tomba senza fermarsi a pensare, a sorridere e - soprattutto – a capire. Non siamo più capaci di concepire un progetto a lunga scadenza, perché noi dobbiamo esserne assoluti protagonisti. Non abbiamo più voglia di lasciare niente neppure ai nostri figli. L'egocentrismo, quello splendido sentimento del sé che fino a qualche decennio fa ci ha regalato grandi poeti e grandi scrittori, oggi si esaurisce in quel piccolo lampo che è la vita di ognuno di noi. Per questo i nostri politici rubano tanto, perché il piatto delle aragoste ormai è diventato il simbolo del successo personale all'interno di un mondo impoverito di valori e significati. La volgarità di personaggi come Roberto Formigoni, Nicole Minetti e Franco Fiorito sono gli esiti più evidenti della mancanza di cultura in Italia. E non si può dare tutta la colpa a Berlusconi, perché personaggi del Pd come D'Alema e la Bindi hanno fatto la loro parte in questo processo. Non a caso questi ultimi sono stati i più acerrimi nemici del rinnovamento all'interno del loro partito, e oggi continuano a proporre “soluzioni” che salvino la loro poltrona.
E' dalla scuola che bisogna ricominciare, quella scuola che la destra ha fatto di tutto per distruggere e che la sinistra non ha saputo difendere. Quella scuola che significa futuro, non il nostro, ma quello dei nostri figli. Bisogna tornare a pensare che il nostro tempo è ciclico, che a noi succederanno altri che faranno probabilmente meglio di noi. Quella generazione monolitica che non sbaglia mai forse è alla fine, i più giovani – che sono più colti – nutrono per fortuna dei dubbi. Nei dubbi si cresce e si matura perché si mettono a confronto le soluzioni. La cultura, infine, in un paese come l'Italia significa migliaia (se non milioni) di posti di lavoro. Questo è un buon punto di ripartenza, e secondo me l'unico.
Peccato, dicevo, che Maltese abbia scritto questo soltanto adesso. Ma anche i suoi colleghi, in generale, non hanno certo brillato negli ultimi anni nel parlare della necessità di cultura. Ricordate l'unico dei nostri politici che invece di cultura ha parlato molte volte? Si chiama Matteo Renzi, ed è stato – in procinto delle primarie – snobbato da molti, e da molti temuti come il nuovo di cui per principio è bene diffidare.
Al di là di Matteo Renzi, chi mi conosce sa che da mesi sostengo che l'Italia oggi ha bisogno di intellettuali più che di politici. Perché la cultura è la sola che ci può ridare il senso delle cose. La cultura è quella che ci fa trovare gli scopi all'interno di una vita necessariamente limitata e necessariamente destinata a finire. La cultura è l'unica in grado di riportarci a quel concetto circolare del tempo dell'uomo che invece la società consumistica ha trasformato in un tempo orizzontale, tutto diritto. Il tempo orizzontale significa che la vita umana scorre in un'unica direzione: vietato invecchiare, vietato stancarsi, vietato perdersi in sogni e desideri. Si va dritti alla tomba senza fermarsi a pensare, a sorridere e - soprattutto – a capire. Non siamo più capaci di concepire un progetto a lunga scadenza, perché noi dobbiamo esserne assoluti protagonisti. Non abbiamo più voglia di lasciare niente neppure ai nostri figli. L'egocentrismo, quello splendido sentimento del sé che fino a qualche decennio fa ci ha regalato grandi poeti e grandi scrittori, oggi si esaurisce in quel piccolo lampo che è la vita di ognuno di noi. Per questo i nostri politici rubano tanto, perché il piatto delle aragoste ormai è diventato il simbolo del successo personale all'interno di un mondo impoverito di valori e significati. La volgarità di personaggi come Roberto Formigoni, Nicole Minetti e Franco Fiorito sono gli esiti più evidenti della mancanza di cultura in Italia. E non si può dare tutta la colpa a Berlusconi, perché personaggi del Pd come D'Alema e la Bindi hanno fatto la loro parte in questo processo. Non a caso questi ultimi sono stati i più acerrimi nemici del rinnovamento all'interno del loro partito, e oggi continuano a proporre “soluzioni” che salvino la loro poltrona.
E' dalla scuola che bisogna ricominciare, quella scuola che la destra ha fatto di tutto per distruggere e che la sinistra non ha saputo difendere. Quella scuola che significa futuro, non il nostro, ma quello dei nostri figli. Bisogna tornare a pensare che il nostro tempo è ciclico, che a noi succederanno altri che faranno probabilmente meglio di noi. Quella generazione monolitica che non sbaglia mai forse è alla fine, i più giovani – che sono più colti – nutrono per fortuna dei dubbi. Nei dubbi si cresce e si matura perché si mettono a confronto le soluzioni. La cultura, infine, in un paese come l'Italia significa migliaia (se non milioni) di posti di lavoro. Questo è un buon punto di ripartenza, e secondo me l'unico.

Fai clic qui per effettuare modifiche.