Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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Natale a Marrakech

1/1/2015

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Ho passato il Natale a Marrakech, città che desideravo visitare da tempo. Al suo fascino non hanno resistito poeti e artisti, e anche io naturalmente ho ceduto al richiamo di questo luogo mitico, crocevia di culture che hanno creato un milieu unico in continuo divenire. E' vero infatti che molti europei – francesi e italiani in testa – continuano a trasferirsi a Marrakech portando con sé quel po' di bagaglio culturale che non è possibile lasciare a casa insieme ai mobili di famiglia o a certe abitudini della quotidianità. Nessuno di noi può spogliarsi del tutto del proprio essere e trasformarsi in qualcosa di diverso, e per questo oggi Marrakech rappresenta un fantastico luogo di contaminazione, dove anche il particolare stonato rientra nel gioco delle parti e, soprattutto, degli scambi.

Non è possibile visitare Marrakech senza perdersi nella Medina, che è fatta apposta per regalare agli stranieri la voglia di giocare a nascondino. La Medina oggi è piena di riad di ogni genere e tipo, a partire da quelle più semplici come la nostra, immersa nei vicoli dove scorre la vita quotidiana dei magrebini, con i bambini che giocano con una palla di carta, le donne con le borse della spesa sempre in mano e gli uomini con i loro carretti tirati da asini che trasportano frutta, sacchi di carbone o bombole del gas. Queste riad sono case più o meno grandi con cucina e spesso con belle terrazze dalle quali ammirare i tramonti sui tetti. Poi ci sono le riad a camere, che funzionano come qualunque altro albergo del mondo in quanto a servizi, ma con un fascino che difficilmente un normale hotel può vantare. Molto carina per esempio è la riad Palais Khum di proprietà italiana che si apre in una delle strade più belle della Medina, la Dar El Bacha con importanti negozi di antiquariato e gallerie d'arte.

Centro della Medina è l'enorme piazza Jemaa el Fna, indicata continuamente da segnali posti nei vicoli del souq affinché anche i turisti più intenzionati a perdersi non possano mancarla almeno una volta nel corso della propria vacanza. Dalle strette viuzze del souq con le migliaia di negozi (a volte minuscoli) dove si vendono i tipici oggetti dell'artigianato marocchino (o presunti tali) si sfocia in questo enorme spazio che difficilmente è possibile abbracciare nella sua interezza perché anche qui il commercio (la vera anima di Marrakech) riempie praticamente tutti gli spazi. Nel tardo pomeriggio vi vengono poi montati i ristoranti con cucine all'aperto e tanti, tanti tavoli, che vanno ad aggiungersi ai banchi di frutta secca e a quelli che preparano spremute di agrumi. Tutto intorno una moltitudine colorata e chiassosa di venditori di olio di Argan, di incantatori di serpenti, di suonatori, di maghe con le carte e molto altro ancora. Perché nella piazza Jemaa el Fna si trova di tutto, e allora vale la pena concedersi una cena veloce magari con brochette, i tipici spiedini di carni varie e verdure. Meglio lasciar perdere il cous cous, quasi sempre scotto, mentre le brochette hanno il pregio di essere cotte al momento sui carboni. Mentre si attende si può passare il tempo osservando la varia umanità attorno intingendo il pane nella salsa piccante che viene portata a tutti gli avventori non appena si siedono.

Ma proprio nelle vicinanze della piazza, nell'affollata Toualat Kennaria, si trova uno dei ristoranti più interessanti di Marrakech, la Ryad Jama. Si tratta di un locale a conduzione familiare, nel quale si viene accolti da un affascinante giovane uomo in impeccabile costume berbero. La madre del giovane uomo sta nascosta in cucina e prepara piatti veramente eccellenti, come la tagine di manzo e fichi, che senza alcun dubbio è il miglior piatto che abbia assaggiato a Marrakech. Questa famiglia proviene da un villaggio sulle colline non lontane dalla città, ed entro il 2015 in quella che era la casa dei nonni apriranno una sorta di agriturismo dedicato agli amanti dell'equitazione, e che oltre alle passeggiate a cavallo proporrà anche corsi di cucina magrebina.

Altro ottimo ristorante, nella zona nord della Medina, è il Dar Zellij, elegante e con un menù che prevede una bella scelta di quelle che vengono chiamate “insalate marocchine”, e che normalmente aprono i pasti. Vengono portate in tavola in piccole porzioni ma in numero piuttosto elevato (una dozzina e anche più) e spaziano dalle verdure cotte ai legumi, ma possono essere composte anche da carne e da pesce (www.darzellij.com). La varietà più straordinaria di insalate marocchine tuttavia si trova sulle eleganti tavole del Dar Moha, forse il ristorante più raffinato della città, che si apre sempre nella zona nord della Medina nei pressi della bella Dar El Bacha (www.darmoha.ma). Moha Fedal è considerato tra i più grandi chef del Marocco, e i suoi piatti sono assai ben costruiti. Notevole la pastilla di piccione alla cannella e la tagine di stinco d'agnello.

Se si vogliono aquistare spezie meglio evitare il souq e andare a visitare il mercato del quartiere ebraico, nella zona sud della Medina, dove per altro si trovano due tra le maggiori attrazioni turistiche di Marrakech, lo splendido Palais de la Bahia e i resti del grandioso Palais El Badi. Simpatica, sempre in questa zona, la piazza dei Ferblantiers, ossia dei lavoratori del ferro, dove ci si può anche imbattere in qualche pezzo interessante. Il monumento principale della città è la scuola coranica Madrasa di Ben Youssef, la più grande di tutto il Marocco, accanto alla quale si apre anche il Museo di Marrakech. Non si può comunque lasciare la Medina senza essersi goduto lo spettacolo della luce del sole al tramonto sulle mura e sulle tante belle porte di accesso alla città antica. Le mura assumono un tono arancio intenso e le ombre delle palme si fanno nette.

Alle spalle si apre la Marrakech moderna, che sembra una città quasi totalmente diversa da quella che abbiamo conosciuto all'interno della Medina. E qui l'attrazione principale è senza alcun dubbio il Jardin Majorelle, creato dal pittore Jacques Majorelle che utilizzava una particolare tonalità di blu che ha preso poi il suo nome. Approdato in Marocco nel 1917 per ragioni di salute, Majorelle eresse lo studio e il giardino negli anni Trenta, e nel 1947 decide si aprirlo al pubblico. Dopo la morte di Majorelle, avvenuta nel 1962, il giardino conobbe lunghi anni di declino fino a quando non lo scoprirono Yves Saint Laurent e il suo compagno Pierre Bergé, che lo hanno acquistato e riportato all'antico splendore. Oggi il giardino appartienre alla Fondation Pierre Bergé – Yves Saint Laurent, e al suo interno è stato anche allestito il Musée Berbère, con delle bellissime collezioni di gioielli, di abbigliamento e di utensili della popolazione berbera. Il giardino è un incanto, un po' hortus conclusus, un po' divertissement intellettuale e un po' gioco di contaminazioni architettoniche. E' il luogo più visitato di tutto il Marocco, e la sua bellezza resta a lungo impressa negli occhi. E' una promessa.
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