Patrizia Cantini Wine & Food Communication
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Argentina, Buenos Aires

12/4/2012

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Mi sono capitate tra le mani le foto del mio viaggio in Argentina del novembre 2006, una delle più belle avventure che questo lavoro mi abbia mai regalato. Sono stata invitata a Mendoza come giornalista italiana al seguito della delegazione di Great Wine Capitals, che si riuniva per l'annuale assemblea. Un lungo volo da Roma fino ad approdare a Buenos Aires, e per fortuna otto ore di attesa per l'altro volo, quello che mi avrebbe portato a Mendoza. Incontro con alcuni altri giornalisti all'aeroporto e via per le strade e le piazze della splendida capitale, città mitica e tragica, dove i contrasti sono forse l'anima più vera. Ricordo di aver pensato a Vásquez de Montalbán e al suo “Quintetto di Buenos Aires” mentre mi aggiravo per il mercato antiquario di San Telmo, dal quale tornai con gli occhi pieni di nostalgia per tutti quei cassetti aperti e quegli oggetti venduti dalle famiglie argentine colpite dalla recessione di quegli anni (non che adesso l'Argentina stia tanto meglio con il governo Kirchner). Ricordo che Margaret Rand, la mia collega inglese, riuscì a scovare un ventaglio primi Novecento decisamente bello, mentre io mi dedicai alla biancheria ricamata, riuscendo a scovare un asciugamano con una splendida trina all'uncinetto che è andato a ingrossare il corredo di mia figlia. Vengo da una famiglia di ricamatrici e non resisto al richiamo di pizzi, trine e ricami. Poi, mentre un altro collega inglese si concedeva un omaggio allo stadio del Boca Junior (non seguo il calcio ma capii perfettamente il gesto) noi passeggiammo lungo il mitico Caminito, la strada del quartiere La Boca che attraversa la case di legno colorato in stile genovese e che deve il suo nome al celebre tango del 1926 di Carlos Gardel. E' il regno degli artisti di strada, e fu l'occasione per comprare il regalo per il compleanno di mio marito che cadeva proprio durante il mio viaggio e al quale rimediai al mio ritorno. Comprai un quadro di un'artista locale quasi senza voce perché sofferente di bronchite. Ricordo che parlai con suo marito e trattai il prezzo con lui. Il quadro oggi troneggia nel nostro salotto e ritrae il famoso violinista Yehudi Menuhin e, nella sua posa morbida, racchiude tutta la dolcezza degli occhi della pittrice e di questa città così ricca di storia e così perduta. Mi sono ripromessa di tornarci e andare nei locali del tango (non quelli turistici, naturalmente) perché vedendo la gente ballare per strada ho capito che per toccare l'anima di questa città e del suo popolo bisogna passare da lì. Non c'è altra strada, perché, come ha scritto la cantante Adriana Varela, “il vero tango cammina per posti nei quali la gente non sta come una pianta, ad ascoltare quello che si manda alla radio. Il tango è nato ai margini della società, il tango è marginalità, è il meglio della marginalità”. In questo periodo confuso e privo di speranze, la marginalità forse diventa l'unico mezzo per recuperare quella centralità dell'uomo che l'Umanesimo ci aveva regalato, e che il capitalismo finanziario ci ha portato via.





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